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giovedì 6 ottobre 2016

Lo Sapevate Che: Troppa libertà sessuale? No, poco coraggio d'usarla per quanto vale...



Sono uno studente universitario di e4 anni e in questo periodo sto riflettendo su quanto è sacra la nostra sessualità. Mi stupisce la facilità con cui persone senza nessun tipo di legame finiscano a letto insieme e non disdegnino l’amore in gruppo. In tutta la mia vita sessuale ho rifiutato praticamente il 98% delle ragazze e le possibilità di concludere “una notte e via”. Da questo mi sorge una domanda: perché e a che serve, fare sesso senza sentimento? E’ un fattore fisiologico? Lo si fa per “svuotarsi”, per avere un orgasmo? Sinceramente preferisco “riempire” il mio cervello e il mio cuore. Oppure è un comportamento dettato dal fattore psicologico? Lo si fa per dimenticare i problemi? Eppure i momenti belli sono tali anche per il fatto che quando riaffiorano alla nostra mente producono un certo benessere. Che effetto può produrre, il ricordo del sesso con una persona di cui non ti importa niente, di cui non sai neppure il nome? Ma la cosa che più mi spaventa è la reiterazione, il rifarlo senza mai fermarsi: “ se ne ho la possibilità, la sfrutto”. Nelle discoteche e in tanti altri posti non si prova più imbarazzo. Ci si bacia, e dopo? Beh, è chiaro: o a casa mia o casa tua, oppure all’aperto, in un posto abbastanza nascosto.  E se ci vedono ? Fa niente, è un problema altrui, l’importante è che io calmi i miei ormoni. Io vedo dell’assurdo in tutto questo. Non so lei…    Christian  superdes92@gmail.com

La Libertà Sessuale è un dono dell’emancipazione femminile. E parlo di “dono”, perché i grandi cambiamenti di costume e quindi di modi di vivere sono sempre opera delle donne, che quando emergono dalla “natura”, nel cui recinto i maschi per secolo le hanno confinate, e fanno la loro apparizione nella “storia”, fanno nascere una storia nuova. Che è scandalosa non per l’abbigliamento per i comportamenti, ma perché fa crollare un ordine collaudato  e un modo di pensare (la donna come moglie e madre), di sentire (come oggetto del desiderio maschile), di relazionarsi (la “mia” donna, con tutta la prepotenza dell’aggettivo possessivo). La donna diventa soggetto della propria esistenza e al pari dell’uomo dispone della sua sessualità. E’ chiaro che ogni rivoluzione porta inevitabilmente con sé un eccesso. Anche un adolescente, quando si sente di doversi emancipare  dai genitori sbatte la porta, poi quando si sente emancipato riprende ad aprirla  e chiuderla educatamente. Rispetto agli eccessi di una biografia, gli eccessi di un’emancipazione storica sono un po’ più lunghi. E quindi questa festa orgiastica della sessualità ha bisogno di un po’ di tempo perché si giunga a farsi la domanda: dopo l’orgia che si fa? Si fa l’amore con gli animali? Già fatto. Con i vegetali? Pure. Congli oggetti inanimati come gli attrezzi venduti nei sexy shop? Anche. Finché subentra la saturazione, la noia, mentre sottotraccia si avverte che si sta estinguendo il desiderio. E siccome il desiderio è potenzialmente innovativo, per non dire, con Decuze, “rivoluzionario”, la sua estinzione opera dell’eccesso e della pornografia che vi concorre è un ottimo servizio al potere, che come è noto, predilige gente quieta o almeno acquietata. (..). Resa muta, come lei opportunamente dice, dalla “ripetizione”, del suo esercizio reiterato persino a prescindere dal desiderio, la sessualità non è più in grado di farci conoscere l’altra parte di noi stessi. E siccome questo bisogno è imprescindibile, si ricorre alla droga di cui si potrebbe fare tranquillamente  a meno se la sessualità fosse portata alla sua altezza, invece d’essere ridotta a idraulica, e se le si concedesse di condurci in quell’estasi che non è poi così distante dall’esperienza mistica. I mistici erano erotici, mentre il nostro erotismo usato e abusato non è più in grado di raggiungere quelle vette. Qui alludo a uno stato che va al di là della coniugazione di sessualità e sentimento, a cui lei fa riferimento, per superare la semplice animalità. Alludo a una trasfigurazione dell’animalità in un’estasi mistica e perciò stesso inesprimibile, perché accade in un luogo che le parole non riescono a raggiungere.
umbertogalimberti@repubblica.it – Donna di Repubblica -  1 ottobre 2016 -

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