Barack Obama dovrebbe concedere la grazia a Edward
Snowden, prima del termine del suo mandato. Permettendogli di rientrare in
patria non da criminale, ma da cittadino innocente, riconoscendo una volta per
tutte l’enorme servizio che l’ex contractor Nsa ha reso al suo paese. Nel
farlo, non sarebbe certo da solo. Le inchieste scaturite dai suoi documenti
hanno consegnato fonti anoniun premio Pulitzer al “Guardian” e al “Washington
Post”. Gli abusi dettagliati al loro interno, in termini di sorveglianza,
manipolazione e intrusioni informatiche, hanno condotto a riforme
dell’intelligence, sia in patria che fuori, e a un più ampio dibattito su come
riequilibrare le esigenze della sicurezza con quelle delle libertà civili che
lo stesso presidente ha giudicato indispensabile. Corti giudiziarie e rapporti
delle più prestigiose entità internazionali hanno riconosciuto il valore in
termini di utilità pubblica del gesto di Snowden; ci è riuscito persino l’ex
Procuratore generale Eric Holder. Di contro, gli argomenti avversi alla grazia
sono inconsistenti, basati su fonti
anonime, supposizioni e sul puro e semplice odio riservato dai patrioti
a ogni costo ai “traditori”. Lo si accusa di essere una spia russa, senza
prove. Di avere taciuto le politiche repressive del Cremlino sulla rete, quando
invece le ha ripetutamente criticate. Di avere provocato “danni” e pericoli
alla sicurezza nazionale, tuttavia – e contrariamente a quelli dovuti alle
inefficienze dei programmi Nsa – mal dimostrati. Gli si dice: “Dovevi
denunciare secondo procedure interne, non alla stampa”, nonostante lo abbia
fatto senza esito alcuno. O anche: “Dovevi farti processare qui, negli States”;
ma nessuno vuole essere giudicato da una norma del 1917 che, di fatto non
prevede innocenza. Per Obama la scelta dovrebbe dunque essere semplice. Del
resto, la grazia a Snowden è un’ultima occasione per non passare alla storia
come il presidente che, partito con le migliori promesse, ha invece punito più
“whistleblower” di tutti i suoi predecessori insieme. Amnesty, Human Rights
Watch e Aclu hanno lanciato un’iniziativa, pardonsnowden.org, per sollecitare
un intervento della Casa Bianca e
firmarla tutti. La speranza è venga ascoltata subito, perché è difficile
che dalle elezioni di novembre esca alcunché di buono per Snowden. Da un lato
Hillary Clinton lo ha definito “imperdonabile”; dall’altro Donald Trump ha
menzionato il ricorso alla pena di more. Esiti inadatti non solo a una
“grande”, ma a una qualunque democrazia.
Fabio Chiusi – L’Espresso – 9 Ottobre 2016 -
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