L’Italia ha da poco una
legge sulle unioni
civili, una legge incompleta e arrivata fuori tempo massimo. Qualcuno dirà
“eppure, finalmente, è arrivata” invitandomi magari a considerare il bicchiere
mezzo pieno. Io però con questa maggioranza al governo non riesco a pensare che
si possa osare molto di più di così e mi
riferisco soprattutto alla proposta di legge sulla legalizzazione della
cannabis avanzata dall’intergruppo parlamentare guidato da Benedetto Della
Vedova e sostenuto da tutte le forze politiche, ma osteggiato da molti,
moltissimi parlamentari. Stilare l’identikit di coloro che ostracizzano leggi
che portano progresso e che renderebbero la nostra società più evoluta non è
cosa difficile. Si tratta mediamente di politici che fanno della propria vita
privata fonte di inesauribili aneddoti che a ritenere questa legge o
quell’altra inadatta per il nostro Paese. Non vorrei mai per mio figlio, per i
miei nipoti, per i miei genitori…I nostri ragazzi non dovrebbero poter accedere…Quando
ero ragazzo ricordo i miei coetanei… Non è così che si sta in Parlamento e che
si ricoprono cariche politiche, non è l’esperienza familiare che può portarci a
ritenere la cannabis una sostanza da legalizzare o da lasciare nelle mani delle
organizzazioni criminali. Quello che dovrebbe guidare i politici nelle loro
dichiarazioni pubbliche e nelle loro decisioni in Parlamento dovrebbe essere
approfondimento e studio, le consulenze di esperti ele statistiche. E invece
sentiamo Beatrice Lorenzin parlare dei “nostri ragazzi” che a undici anni, se
si legalizzasse la cannabis, potrebbero liberamente avervi accesso. Lorenzin
ignora che oggi non i “suoi ragazzi”, ma i figli di altre madri e ad altre
latitudini la cannabis la spacciano, manovali dei clan. E Binetti dire “penso
che uno Stato democratico non si possa permettere il lusso di liberalizzare ciò
che provoca i danni alla salute dei cittadini” fingendo di non sapere che la
legalizzazione e la tossicodipendenza sono prima di tutto un problema di salute
pubblica che pesa sulle casse dello Stato. Fingendo di ignorare che i danni
provocati da alcol e tabacco sono di gran lunga superiori a quelli che crea
oggi e che creerebbe la cannabis se legalizzata. E questi stessi politici (con
Binetti e Lorenzin ci sono Gasparri, Lupi, Giovanardi) sono contrari alla
legalizzazione del fine vita (qui posso forse annoverare anche la ministra
Madia che, in una memorabile ospitata da Daria Bignardi alle Invasioni
Barbariche disse che preferiva alla regolamentazione la “zona grigia” in cui
sono i familiari a decidere senza troppo clamore); sono contrari alle stepchild
adoption, erano fautori della legge 40 sulla procreazione assistita, legge
tremenda smontata dal loro di avvocati e giudici che hanno a cuore il progetto
del nostro Paese più di molti politici. Sono anche quelli che parlano di
divorzio e aborto come di conquiste che se fossero perse tutto sommato sarebbe
un bene per la società e la famiglia. E qui torno alle prime righe di questo
scritto: un Paese che ha partorito una legge sulle unioni civili dopo tanto
dibattere, una legge otracizzata a lungo e monca, una legge da cui sono state
eliminate le stepchild adoption è un Paese in cui manca una politica
progressista, che in teoria sarebbe appannaggio della sinistra, ma che
accompagnata da un’attitudine responsabile potrebbe appartenere a ogni parte
politica. Ecco, l’invito è a mostrare responsabilità e a fare per una volta
quello che è davvero meglio per il Paese e non quello che conviene al calcolo
elettorale.
Roberto Saviano – Battaglie Diritti civili – L’Espresso – 25
settembre 2016 -
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