Molto più che un luogo comune: andare
in vacanza fa bene, e la conferma viene dal Bure of Labour Statistics Usa. Il
beneficio non è solo per workaholic americani: anche l’Italia ha
i suoi maniaci del lavoro, che lavorano 300 ore in più l’anno degli omologhi
francesi e 200 in più dei tedeschi. Staccare la spina non giva solo al fisico
(secondo l’Oms, chi lavora troppo in genere ha uno stile di vita malsano: poca
attività fisica, più alcol e tabacco,
pasti irregolari, poco sonno), ma anche al business: secondo la ricerca
americana, trascorrere più di8 ore in ufficio tutti i giorni senza concedersi
almeno due settimane consecutive di ferie l’anno riduce la produttività del 30%.
Inoltre, è anche emerso che negli Stati Uniti il 55% dei lavoratori dipendenti
non sfrutta tutti i giorni di ferie a disposizione. In Italia, secondo uno
studio della Cgil, ne restano in media 11 nel cassetto, tra ferie e permessi,
che s’accumulano di anno in anno con un impatto negativo sull’economia: perché si traducono in una riduzione di posti
di lavoro. E’ sempre la Cgil a stimare le ricadute di un coretto utilizzo dei
propri giorni di ferie: se tutti li smaltissero, si creerebbero 105mila posti
di lavoro in più, facendo crescere il Pil dello 0,6% e contribuendo ad
aumentare il potere d’ acquisto. La
realtà è un’altra: “Nelle aziende ci sono posizioni con un ruolo
insostituibile. “Questo è avvenuto soprattutto perché, a causa della crisi, le
figure “doppie” sono state spesso tagliate”, spiega Roberta Turi della Fiom
Cgil. “In più, essendo i salati italiani mediamente bassi, molti scelgono di
non consumare i giorni di permesso e di farseli monetizzare in busta paga. Ma
se tutti i lavoratori consumassero tutti i giorni di ferie (circa 5 settimane),
l’azienda sarebbe obbligata ad assumere nuovo personale. Così, incentivando il
lavoro straordinario e l’accumulo di ferie, si va proprio nella direzione
opposta”, spiega la sindacalista. Convincere i bulimici del lavoro a lasciare
la propria scrivana non è semplice (negli States la pubblica amministrazione ha
avviato il progetto “Time Off”, che tra le altre cose propone alle aziende di
pagare 1.000 dollari ai dipendenti che si prendono almeno una settimana
consecutiva di stop), ma ci sono alcune
strategie per sedare i sensi di colpa. Innanzitutto pianificare la vacanza in
anticipo è il primo passo per meglio organizzare le settimane che precedono la
partenza. Per due settimane “out of office”, bisognerebbe cominciare a pensarci
dieci settimane prima, anche per coordinarsi con i colleghi. Secondo, imparare
a delegare. A tutti piace pensare di essere indispensabili, ma in un’azienda
ben oliata questo non dovrebbe succedere, al contrario bisognerebbe assicurarsi
che qualcuno sia sempre in grado di sostituirvi
- anche in caso di malattia e contrattempi. Terzo, prevedere i momenti
di follia che precedono la partenza, senza sobbarcarsi di extra dell’ultimo
momento. Anche in questo caso, il consiglio è programmare per tempo,
concentrando le giornate di super lavoro almeno 10 giorni lavorativi prima,
così gli ultimi saranno utili per pianificare il rientro. Quarta regola (una
volta partiti): evitare di controllare compulsivamente le email. Se non si
vuole spegnere lo smartphone, datevi una regola: dedicate al lavoro 10 minuti
la mattina presto. E’ bene sapere che ci vogliono almeno due settimane per
ricaricare le batterie: i primi 3 giorni servono per scrollarsi lo stress,
mentre negli ultimi 2 ci si prepara al rientro, quindi ne restano appena 9
giorni di puro relax.
Gloria Riva – Lavoro – Donna di Repubblica - 9 luglio 2016 -
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