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lunedì 25 luglio 2016

Lo Sapevate Che: Sono le idee fisse a impedire di ragionare bene...



Quando qualche settimana fa D (Donna della Repubblica) ha festeggiato i suoi vent’anni, l’ha invitata a immaginare  i prossimi due decenni sulla base di come sono andate le cose finora. Si può – ha scritto Lei – ma le premesse sono tra le peggiori. Come sarebbero andate le cose (nei 20 anni appena trascorsi) Lei lo aveva del resto anticipato in Psiche e Techne, perciò il mio credito alle 5 trappole sulla strada del progresso da Lei illustrate è massimo. Di una sola affermazione tuttavia non sono convinta: che sia finito il tempo della contrapposizione tra le volontà del servo e del signore, i quali si troveranno sempre più dalla stessa parte e avranno come controparte comune il mercato. Così è nell’analisi, ma la realtà non mostra forse fra i “signori” i finanzieri col dito sul bottone e i loro bracci armati nella politica e nell’imprenditoria multinazionale e fra  i “servi” i tantissimi giovani a cui vengono offerti soltanto stage, tirocini, impieghi e lavori poco o niente retribuiti, che possono contare sul sostegno familiare e la firma di papà per ogni acquisto? Non è “servo” il papà stesso?    B.Franchi  ettadf@libero.it

Non ho virtù profetiche, però se si sta attenti al sottosuolo della storia, invece che alla sua superficie, dove gli avvenimenti riferiti dai media hanno la durata di un giorno e poi sono subito cancellati da altri avvenimenti, a loro volta destinati a durare un giorno, qualcosa si intuisce. Ma per intuire correttamente occorre liberarsi dalle proprie abitudini mentali, supreme forme di pigrizia deò pensiero, per cui scartiamo, e con rabbia, tutto ciò che le contraddice. E’ necessario liberasi, almeno quando si ragiona, dalle proprie fedi, che tra le nostre opinioni sono le più intransigenti, perché mettono in gioco identità e appartenenza. Annovero tra le fedi anche la laicità, quando diventa a sua volta una religione, senza il minimo sospetto che sia una fede anche il non aver fede. Soprattutto, occorre liberarsi dal terrore che il mondo possa andar peggio di come è andato finora, per la semplice ragione che siamo cresciuti nell’idea di progresso e, quando questo non era particolarmente evidente, ci veniva suggerita la speranza. Come se “sperare”, “augurarsi”, “auspicare”, tutte parole della passività che lasciano essere il mondo così com’è, potessero difenderci dalla disperazione (sentimento che può provare solo chi ha sperato). E così chi, facendo l’analisi dettagliata dei dati che al presente si offrono, mette in guardia dal prefigurarsi scenari luminosi, di solito è accusato di nichilismo, quando l’interlocutore è gentile. Altrimenti lo si ricopre dei peggiori insulti (che stanno sempre al posto di argomentazioni mancate). Aiutati in questa condotta dai talk show tv dove chi urla pensa di essere più efficace di chi argomenta. E in un certo senso è davvero così, perché la tv che ha 24 ore al giorno per dire ciò che dice, non ha mai tempo per un ragionamento e  perciò interrompe bruscamente chi ci prova, per timore che lo spettatore cambi canale. E poi pretendiamo che i nostri giovani imparino e trovino gusto a ragionare tra loro ? (..). Per quanto riguarda il conflitto tra due volontà, quella del “servo” e quella del “Signore” (da lei così ben descritto nella lettera che ho dovuto tagliare), che è alla base della lotta di classe e anche della rivoluzione: certo che esiste ancora, solo che oggi la signoria non è più del Signore, ma del Mercato, divenuto mondiale. E di fronte a esso sia il servo che il Signore di una volta si trovano dalla stessa parte, con la stessa volontà di reggere alle legg che il mercato impone. Leggi che appaiono come puro calcolo matematico, quindi senza volontà, anche se alle spalle del mercato si muovono, come lei dice, potenze finanziarie, difficili da individuare le cui mosse sono imprevedibili, come imprevedibili sono le mosse dei terroristi.
umbertogalimberti@repubblica.it – Donna di Repubblica – 9 luglio 2016 -

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