“Vieni a vedere, sono appena arrivati
dei siriani. E’ la prima volta”. A Via Cupa, Roma, tra la stazione Tiburtina e
il Verano, fa caldo anche all’ora di cena. Andrea, uno dei principali animatori
della benemerita azione di indomito volontariato e costante assistenza dati
alle centinaia di migranti che quotidianamente, a dispetto di sgombri e
proclami, continuano a transitare per la capitale, mi fa strada. I locali del
Baobab, luogo dove l’azione di cui sopra è avvenuta per mesi garantendo quattro
mura e una migliore decenza ai ragazzi in arrivo, sono ormai sigillati da tempo,
ma il problema resta. La gente continua a rischiare la vita vero l’Europa per
non perderla in patria e qualcuno, per fortuna, nel tentativo sempre più arduo
di restare umani, continua a farsene carco in attesa che ci pensino le
istituzioni preposte. Tra le poche tende e i tanti materassi a uso e consumo
dei circa 300 transitanti (per lo più giovanissimi, con donne e bambini), una
famiglia di siriani cerca ristoro. Hanno trolley e valigie enormi, in fuga
dalla guerra, sono arrivati in aereo dal Libano a Catania, dove qualcuno ha
detto loro di andare a Roma dove avrebbero trovato un posto ad accoglierli che
però non esiste. Ma l’attualità incalza e un minicorteo di ragazzi africani
segue la volontaria che si fa strada fino a un vicino locale dove si mangia, si
beve, si sente musica, ma stasera, soprattutto, si vede la finale degli Europei
di calcio. Un gruppo di giovani maschi africani con nessuna capacità di spesa
che entra in massa dentro un locale preposto all’attività commerciale, di
questi tempi spaventerebbe chiunque. Ma la credibilità dell’esperienza Baobab e
la presenza resistente di solidarietà e comprensione in dimensioni maggiori
rispetto a quanto quotidianamente raccontato, fan sì che chi gestisce sorrida,
i clienti si spostino, le sedie si dispongano e le immagini del Cristiano
Ronaldo ferito di accolgano. I transitanti del Baobab guardano un milionario che piange su un campo
di calcio davanti a tutto il mondo, ma la differenza di emozioni percepibili
davanti a una palla che rotola e al sogno di una vita che sembra svanire si fa
miracolosamente nulla. Le fatiche dei rappresentanti di due Paesi colonizzatori
guidano il tifo, il fisiologico sostegno al più debole ci rende portoghesi fino
al gol di Eder, gregario della Guinea Bissau, eroe per un giorno. Si esulta, ci
si abbraccia, festeggiando e commentando è ormai ora di andare a dormire. Sui
materassi, all’aperto, ammassati, in condizioni igieniche precarie, nel cuore
di Roma, si sogna Cristiano Ronaldo. O comunque, di farcela un giorno.
Diego Bianchi – Il Sogno di Zoro – Il Venerdì di Repubblica –
22 luglio 2016
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