Diventa legge internazionale
vincolante l’accordo Fao contro la pesca illegale: quella che agisce in aree o
in periodi proibiti, supera le quote stabilite, usa metodi vietati o cattura
specie protette. La stessa che, sempre secondo la Fao, fornisce il 15 per cento
del pescato mondiale ed è una della cause principali del degrado crescente
degli ambienti marini. Se i grandi pesci sono quasi scomparsi, i mari si stanno
riempiendo di meduse e molti Paesi vedono sparire il pescato che nutriva le
comunità costiere, lo si deve infatti anche alle flotte di “pirati della pesca”
che svuotano senza regole gli oceani. Ebbene, da adesso questi “pirati” non
avranno più porti sicuri in cui ripararsi: lo prevede l’accordo sulle Misure
dello Stato di Approdo per prevenire la pesca illegale,(Psma), che, promosso
dalla Fao nel 2009, entra in vigore dopo la ratifica di 29 Paesi e dell’Unione
Europea, che ha firmato come entità unica. Con il Psma le navi da pesca al di fuori
del loro Paese potranno solo dirigersi in specifici porti attrezzati per i
controlli e, prima di entrarvi, dovranno dichiarare il pescato a bordo,
mostrando che è compatibile con le licenze di cui dispongono. Se non lo fanno
non potranno né approdare, né scaricare, né ricevere assistenza e rifornimenti.
Una volta nel porto le autorità potranno effettuare controlli a bordo sulla
veridicità delle dichiarazioni fatte, se rilevano irregolarità, l’imbarcazione
verrà inserita nella black list di quelle che praticano pesca illegale e gli
verranno negati ulteriori approdi. “Non è la fine della pesca fuorilegge, ma è
certo un grosso passo avanti di cui siamo molto felici” ci dice Serena Maso,
responsabile della Campagna Mare di Greenpeace Italia. “Con questo accordo si
crea un sistema standard di controllo in tutto il mondo, da applicare in luoghi
attrezzati e con operatori ben formati, riducendo la possibilità di farla
franca e aumentando anche la tracciabilità del pesce, con vantaggi per i
consumatori. Fare controlli a terra, inoltre, consentirà grandi risparmi
rispetto a quelli in mare, che molti Paesi non si potevano permettere per i
costi elevati”.
Alex Saragosa – Scienze- Il Venerdì di Repubblica 8 luglio 2016 -
Nessun commento:
Posta un commento