Ci sono due cani in un prato: il
primo, dopo un inchino concitato, abbaia, balza in avanti e morde la collottola
al compagno. Poi corre via e lo chiama scodinzolando. Sembra che gli stia
dicendo: ora tocca a te!! Gli etologi non hanno alcun dubbio sul fatto che i
due cani stiano giovando. Quel che non sanno ancora dire con certezza è come
abbiano imparato le regole del gioco. Per esempio, perché il cane “aggredito”
sa che il suo compagno non ha intenzioni bellicose? Domande come questa
continuano a ma gli studiosi del comportamento animale: cos’è il gioco? Che
tipo di comunicazione presuppone? Se ne discuterà da oggi a Pistoia,
nell’ambito del Festival di antropologia del contemporaneo Dialoghi sull’uomo:
una fitta serie di incontri per riflettere sul gioco nella cultura e nella
natura umana. L’approccio al tempo è variegato quanto gli ospiti: dallo
psicanalista Massimo Recalcati al semiologo Stefano Bartezzaghi, dallo
scrittore Alessandro Piperno alla storica Eva Cantarella. Dario Maestripieri,
professore di biologia di Chicago, domani parlerà del gioco in chiave
evolutiva: “L’attività ludica è peculiare delle specie gregarie, cioè quelle
che vivono in gruppi, e consente ai cuccioli di affinare certe abilità che poi
torneranno utili nella vita matura. Giocando i piccoli fanno pratica dei ruoli
sociali che assumeranno da adulti. imparano a cacciare o a fuggire dai
predatori. In quasi tutte le specie di primati, tra l’altro, i maschi giocano
alla lotta e le femmine con i neonati, il che dimostra che certe differenze di
genere non sono frutto della cultura umana. E i primati sono simili a noi
persino nella scelta dei giocattoli. Grazie ad alcuni esperimenti sappiamo che
i giovani maschi di scimpanzé amano le macchinine, mentre le femmine apprezzano
i bambolotti”. Le dinamiche del gioco si sono poi rivelate fondamentali anche
nella comprensione del comportamento degli adulti, uomo compreso: “Nelle specie
gregarie la sopravvivenza degli individui dipende da strategie fisse,
traducibili in modelli matematici, molto simili a quelle che si mettono in atto
giocando”. E si scopre che l’obiettivo è sempre lo stesso: ottenere il massimo
profitto con il minimo rischio. A quanto pare le nostre scelte in ambito
sociale. anche quelle apparentemente più disinteressate, rivelano
l’inconfondibile schema di un computo costi-benefici.
Giulia Villoresi – Scienze – Il Venerdì di Repubblica – 27
maggio 2016 -
Nessun commento:
Posta un commento