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martedì 7 giugno 2016

Lo Sapevate Che: Conosci te stesso se vuoi scegliere il tuo destino...



Io non credo che “Chi si accontenta gode”. Penso, al contrario, che l’accumulo di frustrazione sia la causa che muove i mali del mondo. I buoni sentimenti hanno forti limiti naturali: non puoi scegliere chi o cosa amare o essere, puoi fartelo andar bene (pensiero positivo) ma è un surrogato che nel tempo avvelena. Non sono io che mi sono creata. Perché dovrei essere felice così? Se avessi potuto,mi sarei costruita in modo diverso. Quello che era nelle mie possibilità terrene l’ho fatto, non potevo fare di più. Ma i miei progetti erano diversi. Ecco, ti viene data solo la possibilità di sognare, di spaziare senza restrizioni nei desideri, ma con limiti severissimi per realizzarli. Prendere quello che viene, come viene, non cambia le cose: è un inganno per noi stessi, una sceneggiatura che si adatta al caso per trovare un senso (a volte divino) e soffrire meno. La gioia è il riconoscimento di essere finalmente in linea con la parte autentica di noi stessi. Quello che avremmo voluto essere se avessimo potuto scegliere.
Laura Battistella  lb.grafuca@libero.it
Lei ritiene giustamente che lo scopo della vita sia realizzare se stessi, perché solo in questa realizzazione si trova la gioia. Ma questa autorealizzazione è condizionata, quando non impedita, da mille circostanze che non dipendono da noi, a incominciare dalla nascita, che avviene senza il nostro consenso per il desiderio di altri, per un puro incidente, o per tutt’altre ragioni che hanno in comune il fatto che non siamo noi ad averle scelte. Una volta nati vediamo la luce in una certa terra, dove vige una certa cultura, una certa lingua, certi usi e costumi che, a prescindere da ogni nostra possibilità di scelta, ci condizionano ineluttabilmente. (..). Dov’è dunque la libertà con cui poter scegliere e reperire il senso della nostra esistenza? Senso. Una parola grossa. L’unico significato che riesco a darle non è altro che il desiderio di vedere il tempo della mia vita iscritto in un disegno che ho scelto, costruendo in tal modo una storia in cui mi riconosco. (..). Ciò significa non pretendere di oltrepassare quei limiti molto angusti che la nostra illusione di libertà riesce a ritagliarsi tra i vincoli inoltrepassabili a cui ineluttabilmente ci lega il nostro destino. (..). A chi si recava a Delfi per conoscere il proprio destino futuro, l’oracolo giustamente rispondeva: “Conosci te stesso”, perché se non ti conosci incominci a sognare cose che sono fuori dalle tue possibilità, ponendo così le premesse del tuo sicuro fallimento. (..). Cercare la felicità, generata dalla realizzazione di sé, al di fuori di questo stretto sentiero indicato dall’oracolo di Delfi è illusorio, e ogni illusione ha come suo approdo la delusione, e quindi lo sconforto, la perdita dell’autostima che neppure colpevolizzando gli altri si riesce a recuperare. Siamo sempre noi la causa delle insoddisfazioni che non dipendono dal fatto che le stelle non ci hanno assecondato, ma dal fatto che abbiamo desiderato al di là della giusta misura. Quella che sempre “nelle stelle” era scritta per noi, ma noi non abbiamo voluto vedere, animati come eravamo dalla ricerca di un senso che volevamo costruire a partire dal nostro desiderio. E che invece ci sarebbe apparso solo alla fine della vita, guardando semplicemente le cose che avevamo fatto. Dopo di che, la morte, rispetto alla quale, come scrive Sarte: “E’ la stessa cosa aver guidato popoli o essersi ubriacati in solitudine”.
umbertogalimberti@repubblica.it – Donna di Repubblica – 4 giugno 2016 -

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