Ho Deciso Di Salutare Marco Panella a modo mio. Ho deciso
di dirgli come faceva sempre, come ha fatto anche con me, “a subito” perché non
c’è tempo per ripercorrere le sue vittorie, ma il tempo che abbiamo, dobbiamo
utilizzarlo per impegnarci perché le sue idee, quelle che ci sono affini (non è
detto lo siano tutte9, continuino a camminare e a conquistare spazi. Ciò che
Panella ha iniziato e che ancora non ha avuto la luce necessaria è tanto,
troppo. Tanti e troppi i fronti perché io riesca a elencarli tutti, senza far
torto a chi ha da sempre, come Emma Bonino, è attiva entro i confini di un
movimento smisurato. Dal segretario di Radicali italiani Riccardo Magi, a chi,
da anni, lavora con ostinazione sulle droghe (Roberto Spagnoli, Marco Peduca),
le carceri (Rita Bernardini, Luigi Manconi), la giustizia (Maurizio Turco), la
pena di morte (Sergio D’Elia), sull’informazione (Massimo Bordin, Alessio
Falconio), allo smantellamento della iniqua, tremenda, legge 40 che dobbiamo al
lavoro certosino di Filomena Gallo e dell’Associazione di Luca Coscioni, alla
fondamentale campagna di informazione sul fine vita e sul testamento biologico
(Marco Cappato). Ecco perché ho scelto di dedicare queste righe all’ultimo
diritto negato su cui Marco Pannella si è concentrato e sul quale stava
provando ad attirare attenzione insieme a Matteo Angioli e Laura Hart. Un
diritto semplice, il diritto umano universale alla conoscenza. Cosa ha inteso
dire Pannella con diritto umano universale alla conoscenza? E come mai ha
utilizzato i suoi ultimi giorni e le sue ultime parole per questo diritto che
in fondo sembra tanto scontato, persino banale? Me lo sono chiesto e mi sono
dato una risposta che forse banale non è. Il diritto umano alla conoscenza è il
diritto dei diritti. E’ il diritto fondamentale, quello che viene prima di
tutti gli altri, persino prima del diritto alla felicità, perché è quel diritto
che sancisce la necessità di conoscere in che modo e perché i governi a vari
livelli prendono decisioni che influiscono sulle vite dei cittadini, sui loro
diritti umani e sulle loro libertà civili. Perché è un diritto che pone
attenzione a un patto fondamentale, quello tra i cittadini e chi li governa.
Perché è un diritto che, indagando il processo di delega insito nel patto
politico tra cittadini e governanti, riporta attenzione sull’obbligo per un
soggetto investito di una carica pubblica, di rendere conto delle proprie
azioni e di essere pienamente responsabile dei risultati ottenuti o non
ottenuti. La parola è accountability, ma la sostanza è ridare fiducia a un
patto, quello tra cittadini e politica, che oggi è ai suoi minimi storici.
(..). Il Senato Americano che pubblica il rapporto sul programma di tortura
della Cia dopo l’11 settembre non allontana gli americani dalle istituzioni, ma
li avvicina, non li rende complici ignari
e dà loro la possibilità di prendere le distanze, di capire. Non li fa
sentire cittadini traditi. Tra i prigionieri torturati uno su cinque era tenuto
in stato di detenzione per sbaglio e quei metodi non hanno, come è evidente,
portato a nulla, questo chi paga le tasse, chi vota, deve saperlo per capire
fino a che punto può delegare e fidarsi. Ed ecco che tutto è più chiaro,
quell’uomo che ha sempre visto oltre, ha il diritto che manca è l’unico diritto
che potrà dare di nuovo senso alla nostra vi capito che potrà dare di nuovo
senso alla nostra vita sociale. L’onestà della politica e dei politici non
valutiamola dalla fedina penale, ma da quanto sarà disposto chi ci governa a
condividere con noi, e sa quanto saremo disposti noi a chiedere conto su azioni
e decisioni, attraverso una delega vigile. E se questo non accade ora, è tempo
di lavorare perché il diritto umano universale alla conoscenza venga codificato
e non reso solo una possibilità. E quindi: a subito!
Roberto Saviano -
L’antitaliano www.lespresso.it – L’Espresso – 2 giugno
2016 -
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