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lunedì 4 aprile 2016

Lo Sapevate Che: Al polso c'è un orata ...



Dimenticate Pitoni e alligatori. La pelle del futuro, in fatto di abbigliamento, potrebbe essere quella di pesce: sogliola, spigola, orata, murena, palombo, pesce siluro, razza. Pesci dell’Adriatico, insomma. Ci stanno lavorando alla cooperativa Blue. Marine Service di San Benedetto del Tronto, con la collaborazione del biologo veneziano Michele Pellizzato. Il progetto si chiama “Skin Fish” e riprende in versione mediterranea una pratica relativamente diffusa in altre parti del mondo: Cina, Alaska e nord Europa, dove naturalmente si usano altri pesci, per lo più salmone. In Italia ci aveva provato negli anni Cinquanta Salvatore Ferragamo, testimonial Sofia Loren, ma il progetto naufragò. Ebbene, l’amore per il mare ha indotto Giuseppe Illuminante e Emanuele Trioli a sviluppare un proprio progetto con fondi europei, quelli che spesso in Italia restano inutilizzati. Un’idea bizzarra? Meno di quanto si possa pensare. Trioli e Illuminati hanno cercato in lungo e in largo in Italia una conceria disposta a questo tipo di lavorazione. L’hanno trovata a Solofra, in Campania. Il risultato? Pelli conciate e colorate, che a parità di superficie sono più resistenti di quelle tradizionali, ricavate da ovini, bovini o animali esotici, per lo più uccisi apposta. La pelle di una sogliola o di un’orata può diventare il cinturino di un orologio. Oppure bigiotteria, altra possibilità molto promettente. Alcune aziende marchigiane, e altre venete, hanno manifestato interesse per l’opportunità. (..).Nel 2014, ad esempio, Trioli e Illuminati si sono occupati di cassette per il pesce: quelle in polistirolo degradato in centinaia di anni; le loro, in “biopolimero”, in soli due mesi, e possono essere usate nel settore ittico, ma anche nel caseario e nel florovivaistico. La produzione verrà avviata a breve in collaborazione con un’azienda olandese. Non è tutto- Per i suoi progetti sull’ecosostenibilità marina, come quelli dedicati alle proliferazione di lumachine di mare o alle uova di seppia, la cooperativa Blu Marine Service siede da due anni al tavolo della Fao dedicato al Mediterraneo che si prefigge la gestione razionale delle risorse marine viventi e lo sviluppo sostenibile dell’acquacoltura. Dopo una sperimentazione nelle Marche, il progetto sulla lumachina è stato tradotto in pratica a Ortona; i primi risultati sono buoni, i dati definitivi si conosceranno proprio quest’anno. La Blue Marine Service ha già partecipato al Salone del Gusto di Torino e allo Slow Fish di Genova, invitata a presentare il proprio progetto di recupero del pesce secco, antica tradizione molto diffusa tra i pescatori. Troli e Illuminato hanno usato tracine, moli, moscardini e merluzzetti, trattati in essiccatori  solari. Un tipico prodotto della tradizione marinara che potrebbe tornare sulle nostre tavole.
Giovanni Desideri – Pellami – L’Espresso – 31 marzo 2016 -

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