Un angelo di ferro
La famosa attrice americana, nata il 12 maggio del
1907 ad Hartford, nel Connecticut, ha formato, accanto a Spencer Tracy,
una delle coppie più amate e più in sintonia della storia del cinema (un
sodalizio professionale durato venticinque anni, dal 1942 al 1967).
L'artista ebbe la fortuna di provenire da una famiglia
assai agiata, che ha agevolato e incentivato le sue inclinazioni: il padre era
infatti uno dei più famosi urologi americani mentre la madre, cugina di un
ambasciatore, fu una delle cosiddette "suffragette", nomignolo
affibbiato alle donne che lottavano per l'affermazione dei diritti femminili
(all'epoca, infatti, il gentil sesso non usufruiva neppure dell'elementare
diritto di voto). Dunque, possiamo ben dire che la madre era una donna
all'avanguardia, molto colta e capace di autonomia critica. Ciò significa che
era anche in grado di capire e comprendere la figlia nelle sue passioni e di
seguirla in attività che potevano apparire velleitarie (come spesso succede
nelle famiglie benestanti e no).
Purtroppo,
un trauma non da poco segna la futura e già sensibile attrice, ossia il
suicidio del fratello, che si tolse la vita per motivi mai chiariti. Non solo
non lasciò praticamente nulla di scritto che potesse giustificare il suo gesto,
ma non diede neanche segnali che potessero far sospettare la scelta di una
decisione così estrema. Così, questa improvvisa scomparsa peserà sempre come un
macigno nell'animo della Hepburn.
Dal canto suo, la piccola Katharine comincia a recitare già in
tenera età e proprio negli spettacoli "femministi" organizzati dalla
madre. Pur coltivando un animo sensibile e introspettivo, molto profondo e
maturo rispetto alla media dei suoi coetanei, la corteccia caratteriale che la
distingue è forte e determinata, con punte che potevano arrivare all'asprezza.
Insomma, tutto fa pensare che la ragazzina abbia un carattere
aggressivo, mentre in realtà dentro è una donna dolce e con le fragilità di
tutti. Tuttavia, quella dose di aggressività che riusciva a far emergere
durante la preparazione delle rappresentazioni l'aiutarono non poco nel mondo
dello spettacolo. Da buona figlia appartenente all'upper-class, non trascura
comunque gli studi e si laurea al Bryn Mawr, college frequentato appunto dai
rampolli dell'alta società.
A ventiquattro anni sposa l'agente di cambio Ludlow Smith dal
quale però divorzia dopo soli cinque anni. Anche in campo professionale le cose
non vanno molto meglio: le prime esperienze sono fallimentari, la futura diva
non riesce a far emergere il suo talento. Oppure, semplicemente non era sufficientemente
apprezzata e capita da chi le stava intorno: non lo sapremo mai.
E' un inizio di carriera che la vede impegnata più che altro a
teatro, con spettacoli contrassegnati da alti e bassi.
Sta di fatto che però giusto un anno prima della separazione col
marito, nel 1932, arriva il primo riconoscimento, quello che la vede
protagonista in "Febbre di vivere", accanto ad un altrettanto
validissimo John Barrymore, negli anni Trenta un divo a tutti
gli effetti.
Come si suol dire, sono io primi squilli di tromba che salutano
una carriera in ascesa.
Ma quel film è fortunato anche per un altro motivo: sul set
incontra un certo George Cukor, un vero mago della macchina da
presa, un professionista di ferro che sarà il regista cardine di quasi tutta la
sua produzione, accompagnandola per tutta la carriera.
Subito dopo, sull'onda della notorietà e con la frenesia, da parte dei produttori, di battere il
"ferro caldo" del successo, gira "La falena d'argento", un
film della RKO, la casa di produzione a cui sarà professionalmente legata fino
al 1940. Il ruolo è quello romantico e un pò eroico di un'aviatrice emancipata
e ribelle (quasi il ritratto della madre!) che, volendo rompere il circolo
vizioso di un mondo ipocrita e condizionato da falsi valori, si lascia morire
lanciandosi dal proprio bimotore.
Questa tipologia di personaggio, un pò contro le regole e
diffidente nei confronti della società ligia alle regole tradizionali la rende
in breve tempo un'icona della nuova gioventù, forse non ancora del tutto
ribelle ma sulla buona strada per diventarlo.
Per tutti gli anni Trenta Katharine Hepburn sarà dunque il
simbolo della ragazza moderna e spregiudicata, che non guarda in faccia a nessuno
e che sa apprezzare le novità e le innovazioni del costume e della tecnologia.
Un esempio classico di questa ideale incarnazione di un prototipo femminile lo
offre ancora una volta nel nuovo modello di donna che riesce a creare nel
personaggio di Jo (non esente da qualche punta di androginia), nel film tratto
da "Piccole donne", diretto ancora una volta da Cukor.
Qui siamo lontanissimi dal canone imperante di donna burrosa e remissiva in
voga al tempo: viceversa, l'attrice propone un modello di persona forte che sa
quello che vuole e che è in grado di rapportarsi alla pari con l'altro sesso,
pur non arrivando necessariamente allo scontro ma anzi essendo anche capace di
amare appasionatamete.
Nel 1933 arriva il primo riconoscimento alla carriera con
l'assegnazione dell'Oscar per il film "La gloria del mattino". Nel
1935, invece, dopo l'insuccesso inatteso de "Il Diavolo è femmina"
(accanto a Cary Grant), recita e ottiene consensi in "Primo
Amore". La gloria cinematografica ritorna ancora con il film
"Palcoscenico" di Gregory La Cava. Nel 1938 interpreta Susanna e si
rivela oltretutto pure una straordinaria attrice brillante.
Successivamente Katharine Hepburn tornerà al suo vecchio e
inizialmente poco riconoscente amore: il teatro. Dopo qualche mese passato
sulle tavole del palcoscenico, agli inizi degli anni ?40 si ripresenta ad
Hollywood e abbandona la RKO, dopo una serie di insuccessi commerciali che le
valgono l'immeritato soprannome di "veleno del botteghino". Ma si sa:
Hollywood ti incensa quando hai successo e ti seppellisce quando incontri
difficoltà.
Fortunatamente, il successo le arride nuovamente con il ruolo
dell'ereditiera capricciosa in "Scandalo a Filadelfia", prodotto
dalla MGM e diretto dall'amico e fidato regista Cukor. L'interpretazione è
impeccabile, sofisticata, elegante e di grande stile. Il 1942 è l'anno
dell'incontro con Spencer Tracy, l'uomo che rappresenterà per
venticinque anni non solo lo straordinario partner artistico con cui stabilisce
un'intesa perfetta, ma anche il grande amore della sua vita. Tale è
l'affiatamento che nei film girati insieme si avverte in modo impressionante e
anche il pubblico non può che percepirlo a pelle: questo "plus" che si
offre nell'interpretazione e che emerge dalla pellicola contribuisce al
successo de "La donna del giorno".
Nel 1947 è invece la volta di un ruolo un pò anomalo, che
potrebbe apparentemente sembrare un passo indietro rispetto all'immagine che
l'attrice aveva dato di sè al pubblico. Intrepreta cioè in "Canto
d'amore" un'eroina romantica come Clara, la moglie del "folle"
musicista Robert Schumann. Il titolo fa indubbiamente pensare
a svenevolezze di vario tipo, ma non bisogna comunque dimenticare che la
Schumann fu pur sempre una delle donne più indipendenti del suo tempo,
riuscendo ad imporre per prima alle società dei concerti la figura della donna
musicista, delle grande virtuosa in competizione con i più celebri mostri sacri
dello strumento (il pianoforte, in questo caso) e capace di tener testa al
dominio maschile anche sul fronte della composizione (anche se le sue
partiuture cominciano ad essere apprezzate solo adesso). Insomma, un altro caso
di donna anomala, di mosca bianca.
Nel 1951 eccezionale è la pellicola del film "La Regina
d'Africa", girata a fianco di un grande Humphrey Bogart. Emozionante ed
indimenticabile, poi, la sua Madame Venable in "Improvvisamente l'estate
scorsa" di J.L. Mankiewicz.
Quando Spencer Tracy si ammala, la
Hepburn trascura il lavoro per stargli accanto. L'ultimo film che girano
insieme è "Indovina chi viene a cena" che varrà alla Hepburn il
secondo Oscar nel 1967 (il primo l'aveva ottenuto per "Gloria del
mattino"). Poche settimane dopo Spencer Tracy muore.
Dopo la scomparsa dell'amato compagno, la Hepburn torna sul set
ancora molte volte e vince altri due Oscar: per "Il leone d'inverno"
e "Sul lago dorato", che è anche
l'ultimo film girato dall'attrice, nel 1981.
Quattro Oscar vinti e dodici nomination in quasi cinquant'anni
di carriera: è un record che nessun altra star ha mai registrato.
Katharine Hepburn si è spenta il 29 giugno 2003 all'età di 96
anni.
Di lei il celebre drammaturgo Tennesse
Williams ha detto: "Kate è l'attrice sognata da ogni drammaturgo. Riempie
ogni azione, ogni frammento del testo con l'intuito di un artista che sia nata
soltanto per quello scopo".
https://biografieonline.it/biografia-katharine-hepburn
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