Il
4 febbraio 1945 i leader dei tre paesi più potenti al mondo si riunirono in
Crimea per decidere cosa fare una volta sconfitti i nazisti: e vinse uno dei
tre
Il 4 febbraio di 70 anni fa Franklin
Delano Roosevelt, Winston Churchill e Josif Stalin si incontrarono in Crimea,
nel Palazzo di Livadija che era stato la residenza estiva di Nicola II a Yalta,
città sul Mar Nero quasi interamente distrutta dalla guerra. Pochi mesi dopo la
Germania nazista avrebbe perso la Seconda guerra mondiale: a Yalta i capi
politici dei tre principali paesi alleati (Stati Uniti, Regno Unito e Unione
Sovietica) presero nel giro di una settimana alcune importanti decisioni sul
proseguimento del conflitto, sul futuro della Germania, della Polonia, e sulla
creazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Su come sarebbe stato il
mondo dopo, insomma.
Prima di Yalta
Quando i tre leader si incontrarono a Yalta si conoscevano già: si erano
incontrati due anni prima, verso la fine del 1943, nella Conferenza di Teheran.
L’impegno dell’Armata Rossa contro Hitler era diventato ormai leggendario
(c’erano state la battaglia di Stalingrado, cioè la sconfitta più clamorosa
subita fino ad allora da Hitler, e l’avanzata sovietica verso ovest):
l’Occidente sapeva insomma di aver bisogno dell’URSS per vincere la guerra e
sapeva anche di dover in qualche modo dimenticare i tempi in cui Stalin era
sceso a patti con Hitler.
Nel 1939, infatti, i ministri degli esteri
di Germania e Unione Sovietica si erano incontrati e avevano firmato un accordo
di annessione alla Russia di Estonia, Lettonia e Lituania, di spartizione della
Polonia e di non aggressione reciproca: il cosiddetto “patto
Molotov-Ribbentrop”, dal nome dei due ministri degli Esteri. Ma Hitler tradì il
patto e nel giugno del 1941 con la cosiddetta “Operazione Barbarossa” invase la
Russia. Nei piani di Hitler doveva essere una “guerra lampo” ma non andò così:
il 3 luglio Stalin pronunciò alla radio uno storico discorso rivolgendosi al
popolo, definì un errore il patto con Hitler, disse che i nazisti erano dei
criminali e decise di entrare in guerra. Dopo poco nacque la necessità di
un’alleanza con l’Occidente e negli anni successivi si svolsero le diverse
Conferenze tra Alleati: Teheran (28 novembre – 1 dicembre 1943), Yalta (4-11 febbraio
1945) e Potsdam (17 luglio – 2 agosto 1945).
La Conferenza di Yalta, la Polonia e la
Germania
Il 4 febbraio del 1945 la guerra era stata quasi vinta dagli Alleati.
L’incontro di Yalta venne organizzato per affrontare i problemi del nuovo
ordine post bellico e per avviare, come si disse, «un futuro di pace e
prosperità»: ciascuno aveva però i propri interessi da difendere a parte
battere Hitler. Per Stalin l’obiettivo era a quel punto soprattutto allargare
le frontiere dell’URSS verso il centro dell’Europa. Roosevelt e Churchill si
incontrarono a Malta, proseguirono in aereo verso Kiev e poi in macchina verso
Yalta. Arrivarono il 3 febbraio, Stalin li raggiunse il giorno dopo. Roosevelt
venne ospitato a Palazzo di Livadija e fu lì che si svolsero le riunioni, per
via della sua infermità fisica (una poliomielite lo aveva lasciato
semiparalizzato). Lì fu anche allestito un centro di comunicazioni congiunto
per inviare notizie a tutto il mondo. Le cronache riportano varie formule di
cortesia fra i tre leader, battute scherzose (su chi sarebbe entrato per primo
a Manila) e altre meno scherzose: quando Stalin osservò che Churchill avrebbe
potuto perdere le elezioni, lui rispose che gli inglesi almeno potevano
cambiare leader quando volevano.
I colloqui proseguirono senza un ordine
del giorno preciso: si discusse del destino della Germania, della Polonia, della
Jugoslavia e dell’intervento dell’URSS in Giappone. Fra i tre leader
persistevano forti differenze ideologiche e culturali. Nelle decisioni che
vennero prese, è ormai riconosciuto da diversi storici che Stalin ebbe la
meglio: sulla divisione della Germania venne previsto che la porzione francese
venisse stabilita non nella zona di competenza dell’URSS; l’URSS ottenne di
estendere i suoi confini in Polonia mentre questa venne compensata a occidente
e ottenne che il governo della Polonia venisse fatto sulla base del governo
ombra che si trovava a Mosca e non sulla base di quello che si trovava a
Londra. Come scrisse Indro Montanelli in un editoriale sul Giornale per
ricordare i quarant’anni dalla Conferenza, Yalta per alcuni, i sovietici, «fu
un fasto», per altri, gli occidentali, «un lutto».
In generale Roosevelt venne criticato per
aver concesso troppo ai sovietici e per aver dimostrato debolezza nelle
trattative. Lo stesso Churchill – che per tutta la guerra aveva avuto un
atteggiamento molto pragmatico nei confronti dell’Unione Sovietica – si piegò
e, nel corso delle varie conferenze accettò che di fatto l’intera Europa
orientale finisse nella sfera di influenza russa. Restava il fatto che gran
parte dell’Europa orientale era stata liberata dalle truppe sovietiche. I paesi
occidentali avevano infatti ritardato l’apertura del secondo fronte e quando
avvenne, nel giugno del 1944, le armate sovietiche erano già in Polonia e
vicine ai confini della Germania. Il terreno del quale si doveva discutere a
Yalta, insomma, era ormai di fatto sotto il controllo sovietico.
Il Giappone e il Consiglio di Sicurezza
delle Nazioni Unite
Fra Roosevelt e Stalin intercorsero anche delle trattative che riguardavano
l’estremo oriente. Roosevelt voleva l’impegno di Stalin ad entrare in guerra
contro il Giappone. Lo ottenne e in cambio l’URSS avrebbe ricevuto la metà
meridionale dell’isola di Sachalin, le isole Curili e avrebbe visto
riconosciuto il suo interesse nei porti cinesi di Port Arthur e Dalian. Si
parlò infine delle Nazioni Unite. L’idea su cui fu creato il Consiglio di
Sicurezza delle Nazioni Unite era già stata presentata da Roosevelt durante la
conferenza di pace di Teheran alla fine di novembre 1943. Durante Yalta si
discussero soprattutto le modalità di voto che avrebbe adottato da lì in avanti
il Consiglio di Sicurezza: in discussione non era tanto la regola generale
dell’unanimità, che per ovvie ragioni era sostenuta da tutti i paesi che ne
avrebbero beneficiato, ma il diritto di veto, voluto da Stalin. Il compito di scrivere
la Carta delle Nazioni Unite venne affidato comunque a un’altra conferenza, che
si sarebbe tenuta poco più di due mesi dopo a San Francisco, negli Stati Uniti,
senza però la presenza di Roosevelt, che morì il 12 aprile, tredici giorni
prima dell’inizio dei lavori.
A San Francisco furono invitati a
partecipare prima dell’inizio del mese di marzo tutti quei paesi che avevano
dichiarato guerra alla Germania: il documento finale, che fu sottoscritto il 26
giugno, definì la struttura delle Nazioni Unite come la conosciamo ancora oggi
(con qualche differenza e piccole riforme, ma di fatto non troppo influenti sul
funzionamento generale del Consiglio di Sicurezza). Il principio dell’efficacia
fu favorito rispetto a quello dell’uguaglianza giuridica dei paesi: in pratica
significò che tutte le proposte che chiedevano l’eliminazione di poteri
speciali ai cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza – cioè il
diritto di veto – furono respinte.
Dopo Yalta
La Conferenza di Yalta terminò l’11 febbraio del 1945. Roosevelt tornò a casa
presentando l’incontro al Congresso come un grande successo e una grande
vittoria della pace ma morì prima di partecipare alla conferenza successiva,
quella di Potsdam. Churchill era invece presente, ma interruppe i colloqui per
rientrare nel Regno Unito e accogliere i risultati elettorali: vinsero i
laburisti e a Potsdam tornò il nuovo primo ministro Clement Attlee. La
situazione da lì in poi cambiò piuttosto velocemente: Il 5 marzo del 1946
Churchill pronunciò il celebre discorso della “cortina di ferro” e così ebbe
effettivamente inizio la Guerra Fredda. Churchill fu l’ultimo protagonista
della Conferenza di Yalta a morire, nel gennaio del 1965 dopo essersi ritirato
a vita privata. Stalin era morto il 5 marzo del 1953. L’anno prima era stata
decisa la chiusura del confine tra Berlino Ovest e Berlino Est.
https://www.ilpost.it/2015/02/04/conferenza-yalta/
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