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domenica 14 febbraio 2021

Lo Sapevate Che Bari - Teatro Petruzzelli: Inaugurazione della Stagione concertisti

L’ultimo concerto della stagione concertistica del Petruzzelli era stato lo scorso 16 febbraio. Il successivo appuntamento, in programma il 14 marzo, era stato poi annullato come tutti quelli a seguire per la forzata chiusura dei teatri italiani a causa dell’emergenza sanitaria Covid-19. Al termine del lockdown il politeama barese ha poi riaperto con una serie di concerti su prenotazione, per un massimo di 200 spettatori, che hanno visto protagonisti l’Orchestra ed il Coro del Teatro. Ed ora finalmente è ripartita anche la Stagione Concertistica che segue di pochi giorni il ritorno dell’opera con il caloroso successo dell’Elisir d’amore. Il tutto ovviamente nel rispetto delle norme di sicurezza e con l’ingresso massimo di circa 600 spettatori, ma per favorire la maggiore affluenza possibile per i primi cinque appuntamenti è stato previsto un doppio turno.

Applauditi protagonisti del “primo” sono stati sempre l’Orchestra e del Coro del Teatro diretti da Fabio Mastrangelo e con ospite solista il pianista Alexander Malofeev. In programma il Concerto n. 3 in re minore per pianoforte e orchestra di Sergej Rachmaninov, La Damoiselle élue di Claude Debussy, e Capriccio italiano di Pëtr Il’ič Čajkovski.

Classe 2001, Alexander Malofeev si è fatto apprezzare sulla ribalta internazionale grazie alla vittoria del Concorso “Cajkovskij” nel 2014. Era dunque molto sentita l’attesa per il giovanissimo concertista che arrivava a Bari forte degli ultimi successi (ovviamente precedenti il lockdown) riscossi, tra gli altri prestigiosi teatri, anche alla Scala. Ebbene, il pianista russo non solo non ha deluso le aspettative ma ha siglato una delle migliori esecuzioni da noi sentite in questi ultimi tempi del Terzo Concerto di Rachmaninov, brano dalle difficoltà trascendentali la cui popolarità è ulteriormente aumentata dopo l’uscita, ventiquattro anni fa, del film “Shine”. Il pezzo scritto nel 1909 ed eseguito per la prima volta a New York il 28 novembre di quell’anno con al pianoforte lo stesso autore, cominciò a diventare famoso negli anni ’30 grazie all’interpretazione di Vladimir Horowitz.

La lettura di Malofeev è stata intensa, energica all’occorrenza, ma intrisa di profondo pathos. Il suo è un tocco estremamente sensibile, vario, frutto di una tecnica perfetta. Ma quello che ha sorpreso ancor di più è la maturità di pensiero che gli ha consentito di affrontare questo pezzo con una coerenza stilistica esemplare, e anche i passaggi più virtuosistici, come il pirotecnico finale, sono stati da lui affrontati con innata eleganza. Non sempre in perfetta sintonia con il solista, l’Orchestra del Teatro, ben diretta da Fabio Mastrangelo, si è comunque disimpegnata piuttosto bene soprattutto nella sezione degli archi, molto compatti e dal suono avvolgente.  

Applausi calorosissimi e due strepitosi bis di area sempre russa, il cui repertorio è evidentemente quello più congeniale al pianista: il celebre adagio dello Schiaccianoci trascritto da Pletnev e la Toccata di Prokof’ev.

La seconda parte della serata si è aperta con La Damoiselle élue, poema lirico per due soprani, coro femminile e orchestra, su di un poema di Dante Gabriel Rossetti, op. 62. Composto fra il 1887 e il 1888, eseguito per la prima volta a Parigi l’8 aprile 1893 con dedica a Paul Dukas (e riorchestrato nel 1902), è uno dei brani più suggestivi di Debussy. Il compositore fu attratto nella poesia di Rossetti (che aveva anche illustrato lo stesso soggetto in un affascinante quadro) dalla ambigua commistione di elementi trascendenti, di estatica attesa e di desiderio carnale occulto, attraverso i quali si dispiega il commosso anelito all’amore oltre la vita invocato dalla fanciulla per il proprio amato. Caratteristiche che sono pienamente emerse dall’ottima esecuzione dell’Orchestra, con la concertazione di Mastrangelo che ha contribuito a rendere al meglio tutte le raffinatezze e le suggestioni della partitura. Un valido contributo è venuto dal Coro femminile, istruito come sempre con maestria da Fabrizio Cassi, e dalle soliste Cecilia Molinari Gaia Petrone, entrambe mezzosoprani.

Il programma si è concluso con Capriccio italiano in La maggiore, op. 45 di Čajkovski. «La genesi della composizione, iniziata a Roma nel gennaio 1880, corrisponde ad uno dei pochi momenti felici del compositore durante il suo viaggio in Italia – scrive nelle dotte note di sala Dinko Fabris - il quale toccò oltre Roma anche Firenze, Venezia e Napoli, e condivide la medesima ispirazione della Serenata per orchestra d’archi (op.48), che fu eseguita a Mosca solo due settimane prima del Capriccio». L’affettuoso omaggio all’Italia del compositore (che contiene anche arie veneziane, stornelli romani e una scatenata Tarantella napoletana) è sempre stato accolto con favore dal pubblico, come è successo pure in questa circostanza per merito evidentemente anche della buona performance esecutiva.      

La recensione si riferisce alla serata del 24 settembre 2020.

Eraldo Martucci

 

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