A Differenza di quel che pensava Giulio Andreotti,
roba dell’altro secolo e di molte repubbliche fa, oggi il potere logora chi ce
l’ha. Chi siede su una poltrona, chi ammicca ai potenti, chi inciucia, chi gode
di un privilegio, chi gira su un auto blu, chi fa politica di professione, chi
guadagna più degli altri, chi è casta e chi vorrebbe esserlo. Basta, via. Anche
se è laureato, capace e magari ha pure ben governato. Sa comunque di vecchio,
di stantio, di usato poco sicuro. Di establishment. E allora avanti un altro.
Scelto non con un giudizio politico, ma votando contro lo status quo, guardando
avant e non indietro. Purchè sia nuovo, diverso, e chissenefrega se ha
esperienza zero. Certo, si sente dire, non potrà fare peggio di chi c’era
prima…(..). Dei 153 comuni in cui si è votato, 90 erano in mano Pd: dopo il 19
giugno si sono ridotti a 45. Dimezzati, un po’ dappertutto, compresa la robusta
cintura rossa dell’Italia centrale da sempre feudo della sinistra. In quanto ai
cinque stelle, c’è stato il trionfo di Roma e Torino, ma dei 20 ballottaggi in
cui erano in gara ne hanno vinti 19. Nel nord, nel centro, nel sud. Se poi si
spulcia l’elenco dei sindaci, si scopre che solo uno su quattro è stato
confermato. Un cambio di passo invocato da destra e da sinistra, non
intercettato dal Pd, anzi ai danni del Pd, accusato di essere più vicino al
sistema che ai cittadini. Sì, Certo, Bisogna stare attenti alle facili
etichette: anche Clemente Mastella dice di aver vinto perché Benevento ha
scelto il cambiamento…Ma eccentricità a parte, il vento che soffia non è solo
italiano. Le forze antisistema dilagano in Europa, simili nella voglia di
novità, ma molto diverse le une dalle altre: da quelle che si sono battute per
la Brexit alla destra lepenista maldestramente importata qui da Matteo Salvini,
fino alla sinistra spagnola di Podemos che l’anno scorso ha conquistato grandi
città (Madrid, Barcellona, Pamplona, Saragozza, Valencia) e ora misura la sua
reale forza alle elezioni politiche di domenica 26 giugno. Voglia di nuovo.
Spesso interpretata da donne: Raggi, Appendino, Massidda (Carbonia), e Lucia
Borgonzoni, la leghista che ha fatto soffrire il pd Merola; ma c’è una sindaca
anche a Madrid, Barcellona, Parigi, Varsavia, Stoccolma, Colonia…Cosa c’è di
più lontano dal potere di una donna se la politica è quasi tutta al maschile?
Eppure L’Italia ha una sua originalità. Il terzo polo grillino, che ora compete
con un centrodestra e un centrosinistra piegati ma ancora in corsa, non è né di
destra come il Front National di Marine Le Pen o l’Ukip di Nigel Farage, né di
sinistra come i Podemos del professor Iglesias; a differenza degli altri, non
ha (ancora) una struttura di partito né un gruppo di comando chiaro e definito;
e su alcuni temi chiave – immigrazione, evasione fiscale, sicurezza – è ancora
confuso e incero. però dà l’impressione di saper ascoltare e di essere più
simile ai suoi lettori che ai politici. A Roma l’exploit di Raggi è stato
aiutato da Mafia Capitale e dalla dissennata gestione del caso Marino,
licenziato dagli stessi che lo avevano voluto perché nuovo, diverso,
“marziano”; ma Piero Fassino, un bravo sindaco, ha pagato la sua appartenenza
alla “ditta”, accusato di eccessiva sintonia – ci risiamo – con l’establishment
torinese. E infatti la Appendino ha esordito licenziando il banchiere… Nuovo è
bello. Donna è bello. Ora però, al lavoro. Per dimostrare che nel grillismo 2.0
non c’è più solo il vFF. E bisogna farlo rapidamente, perché il cambiamento,
come il vento, gira da un momento all’altro. Ma questa, come s’usa dire, è
tutta un’altra storia.
Bruno Manfellotto – Quest settimana www.lespresso.it - @bmanfellotto – 30 giugno
2016
Nessun commento:
Posta un commento