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giovedì 14 luglio 2016

Lo Sapevate Che: Osama,cartoline dalla terra promessa: Hello mr. Diego, finally I am in England...



Hi dear Diego! I’m so thankful about the film thet you were able to picture the reality in the jungle,mi scrisse Osama, 30 anni, siriano di Aleppo, dopo aver visto il servizio che a inizio anno avevo realizzato nella jungle di Calais. Mi ringraziava da Calais, Osama, per aver rappresentato la realtà di quel posto; era fine gennaio, la jungle stava per essere smantellata e lui e altre migliaia di persone non perdevano la speranza di riuscire un giorno a passare di là, in Inghilterra. Ammassati da mesi nel limbo di disperazione e sopravvivenza mediaticamente noto come jungle, dopo rocamboleschi e drammatici viaggi fatti per mare e per terra, lui e quelli come lui passavano le giornate cogliendo l’attimo utile per saltare su un camion diretto oltremanica. Erano europeisti più di molti europei, inconsapevoli sostenitori del Bremain prima che ogni Brexit prendesse il sopravvento.  Le parole di Osama, conosciuto nel cuore di una notte passata a respirare i lacrimogeni che la polizia tirava a pioggia sugli immigrati, mi avevano fatto bene. Il servizio gli era piaciuto e questo basta per sentirmi gratificato. Sentivo la responsabilità e il privilegio di aver condiviso la quotidianità della jungle con chi  in quel posto sarebbe rimasto ancora per molto. E con il rischio dell’oblio una volta spente le telecamere. L’unico modo per alleggerire il peso che ti porti ogni volta che saluti e ti lasci le storie alle spalle è raccontare quello che hai visto nel modo più onesto possibile. I contatti con chi  si racconta sono sempre volatili, precari come una carta telefonica che cambia, un telefonino che si perde o si rompe. Ogni tanto ci si scrive due parole, con la paura di chieder troppo e la coscienza che ti fa sentire in colpa per non aver fatto abbastanza. Osama l’avevo salutato di notte, dopo esser andato con lui nella jungle “emergente” di Grande Synthe a constatare che in fondo si stava meglio in quella di Calais.  Guardando le acque del porto nelle quali aveva già nuotato invano due volte, ci eravamo salutati sognando Brighton, sua meta ideale. “Quando arrivi di là scrivimi, voglio essere tra i primi a saperlo”, gli avevo detto abbracciandolo. Frasi di circostanza ma sincere, pacche sulle spalle dell’anima di chi sa che dovrà comunque cavarsela da solo. Ma in certi contesti nessuna frase casca per terra senza senso. Tutto si raccoglie, di tutto si fa tesoro. Ragion per cui, due giorni dopo la Brexit, Osama mi ha scritto: Hello Mr.Diego, finally I am in England. Era felice Osama e voleva mantenere la promessa. Ci rivedremo, e mi racconterà come ha fatto.
Diego Bianchi – Il Sogno di Zoro – Il Venerdì di Repubblica  - 8 luglio 2016 -

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