Un
anno e mezzo. Un tempo lunghissimo. Per mio figlio minore seienne, un quarto
dell’intera esistenza. Per me, un aiuto che si è fatto colonna, un faro nella
nebbia del caos familiare, il conforto di una conversazione adulta, la sera,
prima di dormire, uno sguardo accogliente e divertito, il piacere dimenticato e
sublime di vivere con una donna in casa. Cindy viene dal Meryland e all’inizio,
quando palava, non capivo niente ed ero annichilita dalla frustrazione. Dopo
qualche giorno di convivenza ed equivoci, mi raccontò che aveva questo problema
da quando era piccola, tanto che i suoi genitori decisero di portarla da un
medico. “Quale problema, scusa?”, chiesi io che, eccezionalmente, ero riuscita
a decifrare il sostantivo “problem” in quel profluvio di parole oscure. “La
velocità. Strano che tu non te ne sia accorta. Io parlo velocissimo. (..).
Cindy è la nostra ragazza alla pari. Ha lasciato i suoi cavalli, una fattoria,
una famiglia numerosa, la passione per la vita all’aria aperta e per gli
animali tutti, dai bacherozzi agli orsi, per provare un’altra vita. Ha trovato
un amore italiano, ha cambiato vestiti e taglio di capelli, ha imparato ad
apprezzare i nostri sapori, si è iscritta di nuovo all’università, ha insegnato
ai miei figli mille giochi, nuove consuetudini e un lessico familiare, oltre
che una lingua. E’ diventata grande, oltre che parte di noi, sotto il nostro
retto. E ora che, come è giusto, è pronta a spiccare il volo, a lanciarsi in
nuove avventure, a proseguire il suo cammino altrove, anche se non troppo
lontana da noi, io mi sento persa e orfana. A settembre la sua stanza sarà
vuota ma noi avremo ancora bisogno di lei, di qualcuno che prenda il suo
insostituibile posto. “Ragazzi, ho avuto un’idea geniale”. “Aiuto”. “Sarebbe?”
“Non so se voglio saperla”. “Perché non si sta mai tranquilli in questa casa?”.
Così, incurante della tipica diffidenza dei quattro quinti maschili della
famiglia, ho articolato il mio lampo di genio. “Poiché il vuoto che lascerà
Cindy sarà incolmabile e poiché qualsiasi fanciulla, dopo di lei, non sarà
all’altezza di occupare la sua stanza e il mio cuore, ho pensato di non
infliggere a costei, e a me, il fardello di un confronto perdente in partenza”.
“Uffa”. “Quindi?”. “Questa sarebbe la tua idea geniale?”. “Aspettate!
Lasciatemi spiegare!”. “Veloce però” Si sa, i maschi hanno una capacità di
attenzione limitata, così ho sintetizzato. “Un maschio” “Eh?”. “Stai
scherzando, vero?”: “Nessun uomo può entrare in questa, a parte noi tre e
papà”. “Mi sento male”. “Invece sarà bellissimo! Vi insegnerà un sacco di
giochi fantastici, parlerà la vostra stessa lingua primordiale, sarà
divertente, sarà fatto della vostra stessa pasta, inevitabilmente diversa da
quella di Cindy e sarà più semplice per me gestire la nostalgia”. Ho ignorato
le loro maschie e inconsistenti obiezioni e ho iniziato la ricerca. Mi sono
iscritta a un sito apposito, deputato a favorire l’incrocio tra famiglie
ospitanti e candidati alla pari. E’ un luogo d’incontro, una vetrina, molto
simile a quelle per cuori solitari, anche se, in linea di massima, né l’amore
né, sperabilmente, il sesso, sono contemplati. Ho ristretto la mia ricerca ai
maschi anglofoni tra i 20 e i 27 anni. E il gioco è cominciato. “£o profili
corrispondono alle tue esigenze, diceva un messaggio. “Venti candidati hanno
guardato il tuo profilo”, diceva un altro. “Hai sei candidature. Affrettati a
rispondere!”, esortava il terzo. Lo confesso: sto sviluppando una dipendenza.
Da Kurt, 21 anni, scozzese, da Ross, 24 anni, di Toronto, da Sean, 20 anni e un
cane, da Tim , 25 anni e un nonno pilota d’aerei. Passo ore inchiodata su quei
tizi, che potrebbero essere i miei figli. Devo uscire dal tunnel. Tanto lo so
che Cindy è insostituibile.
elasti@repubblica.it – Donna di
Repubblica – 25 giugno 2016 -
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