La campagna per il referendum sulla
Costituzione avrebbe dovuto essere un’occasione per elevare il tono della
discussione pubblica, assai imbarbarita e istupidita negli ultimi tempi. Si
tratta di un tema nobile, anzi del più nobile, il patto democratico che ci
lega. Gli italiani sono chiamati in una decisione solenne che meriterebbe di
essere presa alla fine di un dibattito ad alto livello. Da questo punto di
vista la partenza della campagna è stata piuttosto inquietante. E’ imbarazzante
ascoltare un ministro della Repubblica, Maria Elena Boschi, principale artefice
della riforma, insomma, il Calamandrei dei nostri tempi, che affibbia a
casaccio patenti di fascismo (”siete come Casa Pound”) o di antifascismo (“i
veri partigiani votano Sì”), mostrando d’aver della storia patria e
dell’attualità politica una visione un po’ puerile. Così com’è infantile, da
parte del fronte del No, ridurre le proprie ragioni alle miserie di uno slogan
da comizio: “Mandiamo a casa Renzi”. La Costituzione sarà ben più importante
del destino di questo o quell’esecutivo, della carriera di questo o quel
leader. Questo clima da derby calcistico ha già prodotto danni nel cammino
delle riforme in Parlamento. Un progetto di revisione così ampio della Carta
(47 articoli) avrebbe meritato un confronto civile e colto fra le forze politiche
e si sarebbe dovuto concludere con un ampio accordo fra maggioranza e
opposizioni. Tanto più che la necessità di superare un bicameralismo perfetto
ormai desueto era largamente condivisa. Al contrario, si è proceduto a colpi di
maggioranza e di reciproche demonizzazioni, fino ad arrivare a un referendum
che rischia di spaccare a metà il Paese sul patto fondante, con gravi
conseguenze. Strada facendo la questione dell’abolizione del Senato, infine non
abolito, è diventata marginale rispetto all’impianto di una riforma storica che
mira a cambiare l’intera mappa dei poteri, concentrandone molti nelle mani del
capo del governo. I sostenitori del Sì pensano che la divisione dei poteri
fortemente voluta dai padri costituzionali sia ormai superata, inefficace e non
necessaria, visto che l’Italia non rischia più svolte autoritarie. Il fronte
del No è al contrario convinto che un abnorme concentrazione di potere nelle
mani di un capo, moltiplicata dalla legge elettorale , costituisca uno
stravolgimento pericoloso. Su questo sono pregati di discutere i due fronti,
spiegando le loro ragioni ai cittadini. Magari evitando di arruolare post mortem le patrie glorie che non
hanno modo di difendersi da strumentalizzazioni.
Curzio Maltese – Contromano – Il Venerdì di Repubblica - 3 giugno 2016 -
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