La polemica sui tremila euro in
contanti, comunque la si pensi, non è riuscita a scalfire il grande mistero
della questione fiscale in Italia e cioè del perché un Paese che per tre quarti
tartassa lavoratori e pensionati più della Svezia e per un quarto di benestanti
è una specie di Lussemburgo non sia mai scoppiata una rivolta popolare contro
l’evasione. I dati sono noti ma vale la pena di ricordarne qualcuno. In Italia
l’evasione ha raggiunto i 180 miliardi all’anno, circa il 9 per cento del Pil e
il 30 del prelievo annuo, una cifra in proporzione doppia o più che doppia
rispetto a tutte le altre grandi economie europee, Germania, Francia, Gran
Bretagna e Spagna. L’unica altra nazione che ha livelli paragonabili ai nostri
è la Grecia, che com’è noto non se la passa bene e dove la rivolta invece c’è
stata è ha prodotto una rivoluzione nel panorama politico. Con 180 miliardi in
più all’anno lo Stato italiano potrebbe recuperare tutti i tagli alla sanità,
investire più di ogni altro in Europa in istruzione e ricerca (mentre ora è
l’ultimo), debellare la disoccupazione giovanile e la povertà, abbattere il
debito pubblico e abbassare di un 20 per cento le tasse sul lavoro. In realtà
basterebbe recuperarne la metà, rientrando nella media europea, per creare un
Paese assai più ricco, felice e giusto. L’evasione è un Robin Hood alla
rovescia, com’è stato detto, e l’Italia è una foresta dove glu operai
denunciano più reddito degli imprenditori, gli insegnanti pagano più dei
gioiellieri e un quarto di proprietari di aerei privati meno dei pensionati di
prima fascia. Ormai basta navigare qualche ora al giorno su Internet per
rivelare a chiunque il proprio stile di vita. Gli strumenti per combattere
l’evasione, incrociando le banche dati, sono sul tavolo da anni ma i governi
non li adoperano. Perché gli evasori, 12 milioni, votano con molta attenzione
ai propri interessi. Molta più di quanta non dimostrino i tartassati.
Berlusconi aveva costruito sui condoni la base elettorale del ventennio. Oggi
esiste un commissario contro la corruzione, Raffaele Cantone, ma non uno
sull’evasione. Le pene sono lievi e poco applicate: l’Italia ha 150 evasori in
galera, contro i 4.000 della Francia o i 9.000 della Germania. Lo Stato è
feroce, anche attraverso Equitalia, nel perseguitare i debitori di piccole somme e multe
arretrate, ma tanto delicato con i truffatori milionari o miliardari. Esiste un
solo modo per combattere l’ingiustizia ed è ribellarsi e costringere la
politica italiana a mettere ai primi posti di ogni programma la lotta
all’evasione. Tartassati di tutta Italia unitevi.
Curzio Maltese – Contromano – Il Venerdì di Repubblica – 30
ottobre 2015 -
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