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venerdì 27 aprile 2012

Lo Sapevate Che: Il Barone Inglese Che Si Puliva Le scarpe Da Solo



Ho incontrato qualche volta, quando ero giornalista in Inghilterra, Roy Jenkins: un uomo politico di qualità.
Figlio di un minatore, fece carriera nel partito laborista: diventò ministro degli Interni, forse aveva qualche possibilità di diventare Primo ministro. Era anche uomo colto, e a lui si devono due biografie monumentali, una di Gladstone, l’altra di Churchill. E’ un privilegio del mio mestiere poter conoscere talvolta, quando sono ancora accessibili, persone che poi diventeranno famose. Quando famoso non lo era ancora, invitato Roy a colazione in un ristorante italiano di Soho, il Quo Vadis, e parlavamo di questo e di quello.
Lo cito adesso, in queste mie note, per riferire un episodio che mi sembra grazioso, fra tante truci notizie di cui prendiamo conoscenza ogni mattina, quando leggiamo il giornale. A un certo momento della sua carriera fu chiaro che le sue probabilità di diventare Primo ministro erano sfumate, e allora la regina gli conferì un titolo nobiliare: fu fatto barone, ebbe          quindi un seggio alla Camera dei Lord. Quasi un premio di consolazione. Ma l’essere Lord impone un tenore di vita piuttosto elevato, certamente superiore alla media. Un giornalista inglese, sapendo che lui non era ricco, gli domandò pertanto se il titolo nobiliare gli creasse, dal punto di vista finanziario, qualche problema.
La risposta del novello barone fu semplice: mi piace ricordarla, nei tempi che corrono. Si limitò a dire, laconico: I clean my shoes. Cioè: le scarpe me le lucido io. Il che significa che non aveva un cameriere , tanto meno un maggiordomo: insomma, a vivere da barone aveva proprio rinunciato. Capisco che la citazione dell’episodio mi espone all’imputazione di anglofilia. Ma mi sembra che forma e contenuto della risposta siano un bel contrasto, di fronte alle notizie quotidiane concernenti, da noi, membri della Camera alta, della Camera Bassa e di tutti i Consigli della penisola, regionali, provinciali o comunali che dir si voglia.
Piero Ottone – Venerdì di Repubblica – 20-04-12


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