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giovedì 5 febbraio 2015

Lo Sapevate Che: Perchè avere tanti amori non fa la felicità...



(..) è stato un professore di filosofia, di cui ho davvero la massima stima, a farmi leggere il suo intervento più recente, qualche settimana fa, sul poliamore. O meglio: su quello che lei erroneamente intende per poliamore. Il termine poliamore ha un significato ben preciso, facilmente reperibile su internet, Ho il dubbio che lei non abbia nemmeno fatto uno sforzo di leggerne la definizione, chessò, su Wikipedia. Infatti nel suo intervento si evita qualunque distinzione tra diversi tipi di non-monogamia, ad esempio tra poliamore e semplice libertinaggio. Lei cita più volte il disimpegno emotivo, la liberazione dello spessore etico, la perdita di responsabilità e di se stessi: queste parole feriscono profondamente chi, come me, ha maturato una coscienza non-monogamica e da oltre quattro anni vive una relazione amorosa che è ricca sì di piacere, spirituale e carnale, ma anche di impegno, di responsabilità, talvolta di difficoltà e anche di regole e di doveri, sebbene non quello di astenersi da altre relazioni, che infatti entrambi abbiamo, alcune estemporanee, altre più durature. Lei ha decine di migliaia di lettori che la seguono attentamente e si fidano di lei e di ciò che scrive: la prego di rendersi conto che un approccio così superficiale a una realtà come le non-monogamie, alimenta l’ignoranza e i pregiudizi riguardo a un tema importante, per cui molte persone soffrono quotidianamente, sentendosi derise e a volte escluse per il loro non essere in linea a quello che è ancora un paradigma dominante della nostra società. (..).
Lettera firmata
(..). Non potendola “contattare con anticipo”, non pubblico il suo nome. E però le dico che al suo invito a informarmi di più sugli argomenti che tratto, magari, come lei mi suggerisce, su Wikipedia che non mi pare sia proprio una Bibbia, sono io che chiedo a lei di darmi più informazioni sulla sua scelta di vita. Perché una cosa è se lei è un single che, non credendo alla monogamia, si concede a diverse relazioni, altra cosa se è in coppia ed entrambi avete deciso che la vostra sia, come si diceva un tempo, una “coppia aperta”, altra cosa ancora se lei è sposato e ha dei figli, cosa che comporta una maggior responsabilità nelle proprie scelte. E’ infatti evidente che situazioni diverse, comportano considerazioni diverse. Venendo al tema, non ho mai scritto che coloro che si concedono a relazioni diverse sono dei libertini, perché anch’io so cogliere la differenza tra una pura e semplice soddisfazione dei sensi e una vera e propria relazione d’amore che, più dei sensi, coinvolge l’anima. So anche quanto una relazione altra, rispetto a quella che già si possiede, comporti, oltre al piacere degli incontri, anche conflitti, tormenti, pensieri e persino, come lei dice, responsabilità. Ma non può negare quello che era al centro del mio discorso: e precisamente il fatto che, anche alla base di quello che Jaques Attali chiama poliamore (o qualsiasi altro nome lei voglia dare, tanto la sostanza non cambia), c’è una radicale trasformazione del concetto di libertà che oggi, come mai prima, è sempre più intesa non come una “scelta”, ma come “revocabilità di tutte le scelte” (..).Nelle mie risposte alle lettere non sono interessato ad alcuna forma di giudizio, ma piuttosto alla segnalazione delle trasformazioni culturali che la nostra società subisce, spesso a nostra insaputa. E non è una trasformazione culturale che uomini e donne si concedano a più relazioni, perché questo è sempre stato, ma che oggi questa possibilità sia legittimata da quel nuovo concetto di libertà come “revocabilità di tutte le scelte” che è subentrato nel nostro tempo. E’ possibile rendere edotti i lettori di questa trasformazione e delle relative conseguenze? O bisogna informarsi di più per dire una cosa così semplice che è sotto gli occhi di tutti, ma che purtroppo spesso non è vista e tantomeno considerata?
umbertogalimberti@repubblica.it – Donna di Repubblica – 31 gennaio 2015 

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