Fin dai trascorsi universitari a Messina, alla
facoltà di Economia e Commercio, Beppe unisce agli studi due grandi passioni:
la politica e il giornalismo. Le sue idee di uomo di destra, fautore
inflessibile della legalità e del rispetto per le regole, lo avvicinano
inizialmente al movimento estremista Ordine Nuovo e
successivamente al Movimento Sociale Italiano di Giorgio
Almirante. Sul fronte giornalistico, predilige la dimensione investigativa
del cronista di strada.
Entrambe le passioni, però, subiscono un brusco arresto, quando, in seguito
alla morte del padre, decide di abbandonare gli studi e di trasferirsi in
Trentino con la compagna Mimma Barbarò (che poi sposerà). Qui
inizia la carriera d'insegnante di educazione tecnica, che prosegue al ritorno
in Sicilia, nel 1976, presso una scuola media di Terme Vigliatore.
Siamo alla fine degli anni Settanta e quello che si trova di fronte è un
contesto politico locale mutato, che ne delude le aspettative e l'impegno in
politica. Il clima che accompagna la sua candidatura alle elezioni comunali,
per una lista civica, è pesante e presto si accorge di essere visto come
un personaggio scomodo, uno che dà fastidio. La mancata elezione
non lo scoraggia e traspone sul piano giornalistico la lotta all'affarismo
occulto e alla corruzione, imperanti in quegli anni.
Inizia con alcune radio provinciali per passare negli anni Ottanta a emittenti
televisive locali come Telecity e Telenews,
collaborando nel contempo al quotidiano catanese La Sicilia, come
corrispondente locale di politica, cronaca, sport. In buona sostanza, tutto
quello che accade a Barcellona passa attraverso la sua penna e in molti casi si
profila per mezzo della propria spiccata "capacità intuitiva", che lo
porta a precorrere eventi e situazioni. Le stesse forze dell'ordine considerano
i suoi articoli una valida fonte d'indagine.
Del malaffare strisciante che rende incerti i confini tra
mafia, politica ed economia, Beppe dimostra di conoscere molto. Troppo per
alcuni personaggi che a un certo punto gli fanno capire che deve fermarsi.
Dall'altra parte però c'è un uomo che non si lascia intimidire, tant'è che
arriva a rivelare alla moglie e alle due figlie di essere al corrente della sua
imminente fine.
Il disegno criminoso si consuma un venerdì notte. Rincasando con la moglie,
davanti al portone d'ingresso nota qualcosa di strano e, raccomandando alla
donna di chiudersi in casa, si mette alla guida della Renault rossa. Pochi
metri dopo, lungo via Marconi, viene freddato da tre colpi di
pistola al petto, alla testa e in bocca.
La firma di cosa nostra nelle modalità di esecuzione appare più che evidente.
Eppure, grazie a una sotterranea strategia di depistaggio e di
diffamazione della vittima, le indagini procedono inizialmente in altre
direzioni. Lo stesso iter processuale non riesce a fare totale chiarezza sulla
vicenda, fermandosi alla condanna dell'esecutore materiale Antonino Merlino e
del mandante Giuseppe Gullotti.
Anni dopo, le rivelazioni del collaboratore di giustizia Maurizio Avola, legato
alla cosca di Nitto Santapaola e implicato nell'omicidio di un altro
giornalista, Giuseppe Fava (ucciso nel 1984), offrono un
quadro diverso della verità. Secondo quest'ultimo, Alfano sarebbe stato ucciso
per aver scoperto il giro di riciclaggio di denaro sporco, che si
nascondeva dietro il commercio degli agrumi e al quale erano legati gli
interessi del boss Nitto Santapaola e quelli di insospettabili imprenditori
legati alla massoneria.
Nel frattempo, seppur con colpevole ritardo, la figura di Beppe Alfano esce dall'anonima
dimensione locale e balza all'attenzione dei media nazionali e dell'opinione
pubblica. Si scopre che è morto da precario e solo dopo la morte gli viene
assegnato il tesserino di giornalista. Per merito della figlia Sonia
Alfano, impegnata in politica e nel sociale per i diritti dei familiari
delle vittime della mafia, la vicenda giudiziaria sulla morte del padre viene
riaperta e nel 2014 offre nuovi scenari con le rivelazioni del pentito Carmelo
D'Amico.
http://www.mondi.it/almanacco/voce/88005
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