La Google Car, Pikachu che tutti
vogliono catturare su Pokemon Go e il robottino da compagnia Jibo, realizzato
dal Mit e in arrivo sul mercato a ottobre, hanno una caratteristica:
inteneriscono con la loro immagine facendo leva sull’istinto protettivo tipico
dei mammiferi. Il loro è il potere del cute,
il “carino”, la stessa forza che rende la gattina Hello Kitty un marchio da sei
miliardi di euro e ha portato il nuovo idolo dei giapponesi, l’orso Kumamon, su
oltre centomila prodotti. La spiegazione è un fenomeno che il padre
dell’etologia Konrad Lorenz ha chiamato “segnali infantili”: sono quei dettagli
fisici che contraddistinguono i cuccioli dei mammiferi – come la testa
tondeggiante e grande, la fronte ampia, il naso piccolo, gli occhioni tondi e
gli arti piccoli – e fanno scattare il desiderio di averne cura. Da qualche anno la “scienza del carino” si
sta consolidando a livello sperimentale. “Dagli studi con risonanza magnetica
fatti nel 2009 da Melanie Gloker sappiamo che i segnali infantili aumentano in
chi guarda l’attività nel nucleus
accunbens, che premia con un senso di gratificazione i comportamenti
vantaggiosi per la sopravvivenza della specie, come la cura parentale” spiega
AdVingerhoets, docente di psicologia all’Università di Tilburg. Secondo uno
studio del 2014 condotto dallo psicologo Gianluca Esposito, dell’Università di
Trento, sarebbe il sistema nervoso autonomo a innescare queste reazioni,
indipendenti dalla volontà e anche dalla cultura. Universali, quindi. E
durature nel tempo, come è utile per la
sopravvivenza di un progenie a lungo non autosufficiente come quella umana:
Linda Miesler dell’Università di Zurigo ha verificato che l’attenzione verso i segnali infantili non decresce
dopo ripetute esposizioni, cosa che invece accade con tutti gli altri oggetti
caratterizzati da un design semplice. Lezioni messe a frutto da Ctnthia
Breazeal del Mit, madrina dei robot affettivi; il suo Jibo traccia il solco per
i robot maggiordomi del futuro, che non riprodurranno le fattezze fisiche degli
adulti. La scienza ha capito che ci inquieta molto di più un androide
realistico di un robot che sembra uscito da un cartone animato. In certi
ambiti, dove si rischia l’incolumità, è invece utilissimo che i robot, come le
auto senza pilota, ispirino fiducia e richiamino l’attenzione. Ecco il motivo
dei fari simili a occhi e del “naso” in rilievo della Google Cat.
Giuliano Aluffi – Scienze – Il Venerdì di Repubblica – 5
agosto 2016 -
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