Quando un gene importante non
funziona, ad esempio quello che produce la proteina p53 capace di sopprimere i
tumori, siamo esposti a gravi malattie. Oggi però una nuova tecnica messa a
punto in Giappone permette, per la prima volta, di riattivare geni disattivati
e quindi, in prospettiva, di curare le malattie correlate. “I geni hanno degli “interruttori”, che in
certe circostanze possono disattivarli” spiega Turu Kondo, ricercatore
dell’Università di Hokkaido. “Usando una tecnica di riscrittura del Dna
possiamo rimpiazzare gli interruttori spenti con interruttori accesi, e quindi
risanare le cellule malate”. La tecnica usata da Kondo è l’ultima evoluzione
della tecnologia Crispr, una sorta di “taglia e incolla” che opera sui singoli
geni, varata nel 2012. Nella versione originale funziona così: individuato nel
Dna un gene responsabile di una malattia, si produce in laboratorio una
molecola filamentosa in grado di aderire alla molecola di Dna lasciando scoperta
proprio la parte da modificare – un po’ come si fa con le maschere dello
stencil – e poi si taglia via il gene pericoloso usando come “forbicine”
ultraprecise degli speciali enzimi. Con questo sistema oggi si cerca di
combattere l’Hiv: a maggio Kamel Khalili, genetista della Temple University, è
riuscito in due settimane di cura a estirpare il virus dal 50 per cento delle
cellule di topolini vivi, senza effetti collaterali. “Abbiamo prodotto una
molecola che riconosce il Dna virale dell’Hiv e,ovunque lo incontri, lo
distrugge, senza danneggiare le cellule che il virus ha già invaso. Carichiamo
queste molecole curative su un adenovirus innocuo che, iniettato nel sangue, le
porta in tutti i tessuti e organi” spiega Khalili. “E’ una soluzione al problema
attuale dei farmaci anti-Hiv, che, pur impedendo al virus di auto replicarsi,
ne lasciano sempre delle riserve latenti nel corpo: così il virus può
risvegliarsi e colpire anche a distanza di molto tempo. Tra cinque anni la
terapia sarà disponibile”. C’è però un altro momento della verità per la
tecnologia Crispr che è assai più vicino:
sta partendo in Cina la prima sperimentazione sull’uomo. Lu You,
oncologo del Sichuan University Hospital, preleverà da trenta malati terminali
di cancro al polmone i loro linfociti T, importanti armi immunitarie, e li
priverà del gene PD1, un “freno” naturale sfruttato dalle cellule tumorali per
bloccare i linfociti. Poi li re inietterà nei pazienti e ne verificherà
l’efficacia. Un secondo test sull’uomo partirà invece in autunno negli Stati
Uniti. Ricercatori dell’Università della Pennsylvania preleveranno linfociti T
da 18 pazienti affetti da melanoma e, via Crispr, oltre a rimuovere il gene PD1
inseriranno un gene utile ai linfociti per riconoscere le cellule cancerose. La
grande duttilità della tecnologia Crispr permette non solo di intervenire
direttamente sulle malattie per curarle o sui difetti genetici per correggerli,
ma anche di fermarne la trasmissione di virus per via animale. Tre laboratori
americani appronteranno entro fine anno, una strategia di intervento genetico
contro la zanzara Aedes aegypti per
econfiggere il virus Zika. La strada è quella tracciata da un italiano, Andrea
Crisanti, oggi all’Imperial College di Londra, che nel 2015 è riuscito tramite
Crispr a far sì che le zanzare Anopheles
gambiae perdano il cromosoma sessuale X. Così la progenie delle zanzare
modificate risulta composta al 95 per cento da maschi, ed è quindi pressoché
inoffensiva:a trasmettere la malaria sono soltanto le femmine. Restano però dei
dubbi legati ai rischi delle modifiche genetiche ereditabili: se si sbaglia
qualcosa, gli effetti sull’ecosistema potrebbero essere irrimediabili.
Giuliano Aluffi – Scienze - Il Venerdì di Repubblica – 12
agosto 2016 -
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