“Libera Chiesa in libero Stato” è un aforisma che
non piace solo a chi l’ha coniato, il liberale francese Charles de
Montalembert, o a Camillo Benso conte d Cavour, che citò il motto in uno
storico discorso n cui chiedeva che Roma, dopo l’unificazione, diventasse
Capitale. “ Libera Chiesa in libero Stato”è di fatto la linea strategica
seguita da due leader che più diversi, per indole e carattere, non si può:
ossia papa Francesco monarca assoluto dello Stato della Città del Vaticano, e
il presidente del Consiglio Matteo Renzi. “In questo momento le relazioni tra
Italia e Vaticano non sono né buone né cattive. Le definirei semplicemente
inesistenti”, racconta un monsignore che lavora con il segretario di Stato.
Pietro Parolin. Arrivato sul soglio pietrino, Bergoglio ha chiesto che
l’interventismo vaticano nella politica italiana diminuisse rapidamente,
d’intensità e di rilevanza. Il pontefice non tollera che monsignori e vescovi
“si immischino” nei fatti temporali della politica nazionale, sostenendo che i
laici “non hanno bisogno di indicazioni politiche”. Renzi concorda: ex scout e
cattolico fervente, in politica mantiene una posizione tipica della scuola
cattocomunista: fedeltà assoluta alla chiesa nella vita privata, autonomia e
mani libere nella gestione della cosa pubblica. Atteggiamento che non da tutti
viene condiviso, tanto che il premier viene alternativamente definito
“baciapile” dai nemici più a sinistra o “traditore” dalla gerarchia curiale più
conservatrice. Al Netto dei Governi clericali della Prima Repubblica,
quando la Dc di Giulio Andreotti governava il Paese “insieme” alla Santa Sede,
Renzi s’è allontanato anche dallo stile inciuci sta di Berlusconi: i vertici informali tra Italia e Vaticano per
discettare di politica e dei destini della Rai – come quello sulla terrazza di
Bruno Vespa tra l’allora premier forzista e il cardinal Tarcisio Bertone,
officianti Gianni Letta e il padrone di casa – sono un ricordo lontano. (..). Nonostante le pressioni Renzi ha varato
la legge sulle unioni civili e omosessuali che nessun governo (è un fatto) era
mai riuscito ad approvare: per raggiungere l’obiettivo si è scontrato duramente
con la Conferenza episcopale italiana (con il capo della Cei, Angelo Bagnasco,
i rapporti restano pessimi), ma ha sfruttato con abilità la “neutralità” del
papa, che non è intervenuto né ha mai appoggiato il Family Day. “”C’è una
mancanza di attenzione, un disinteresse generale” protesta un ex bertoniano,
che evidenzia come negli ultimi due anni anche “i soliti regalini” della
politica (come i 50 milioni l’anno che il Bambin Gesù prendeva ogni giorno
grazie alla Finanziaria, cancellati) si siano “ridotti al lumicino”. Fedele Alla Linea suindicata, però il governo non vuole andare nemmeno allo scontro
frontale. Così i privilegi acquisiti non sono stati toccati. (..)…Il Vaticano
non ha consegnato alle autorità italiane la lista dei presunti evasori e
riciclatori che avevano il conto allo Ior. Né Renzi ha voluto metter mano a una
revisione della legge dell’8 per mille, che la stessa Corte dei Conti ha
definito deleteria per l’erario. Se Con Berlusconi i rapporti tra esecutivo e
Cupolone erano direttamente appannaggio dell’allora sottosegretario alla
presidenza del Consiglio Letta, mentre Mario Monti si affidava al suo braccio
destro e attuale capo ufficio stampa del Senato Federico Toniato, ora l’unico
che ha una linea diretta con Parolin è il ministro Graziano Delrio. Anche
Beatrice Lorenzin vanta ottimi uffici Oltretevere: i beni informati raccontano
che il titolare del dicastero della Salute parla direttamente al telefono con
Sua Santità. Per la cronaca, il primo link tra la ministra e il papa fu il
frutto della mediazione di Francesca Immacolata Chaoqui, ex membro di una
importante commissione pontificia, la Cosea. Prima di essere travolta dallo
scandalo Vatileaks, come leopoldina della prima ora e vicinissima al migliore
amico di Renzi, l’imprenditore Marco Carrai, la Chaoqui era anche lo sherpa
utilizzato dal Giglio Magico per tessere relazioni con i sacri palazzi. “Un
rapporto personale tra Francesco e Matteo? Non c’è” aggiungono dalla segreteria
di Stato, rivelando un aneddoto “Durante il loro ultimo incontro il papa mi ha
detto che si è un oò annoiato, perché parlava sempre Renzi. Lui non è riuscito
ad aprire bocca, non l’ha presa benissimo”.
Emiliano Fittipaldi – www.lespresso.it
– @emifittipaldi - L’Espresso – 14
agosto 2016 -
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