Nella infinita enciclopedia dei
proverbi e dei luoghi comuni che s’appiccicano alla mente come chewing gum alla
suola delle scarpe e non si scollano più, tra mezze stagioni che non ci sono
più, l’umidità, cara signora, e non il caldo, i giovani d’oggi tanto maleducati
mica come noi tanto perbene e il prossimo governo che risolverà i problemi, ce
n’è uno tenero e un po’ malinconico al quale siamo tutti affezionati: il primo
amore che non si scorda mai. (..). La SUNY, che non è il vezzeggiativo di
Susanna ma l’Università Statale di New York, e gli psicologi della Connecticut
University, ipotizzano che nel “primo amore” si concentrino fattori
potentissimi capaci di scolpirlo per sempre nella memoria.Lìel’adolescenza, è
il tempo che illumina tutto, gioie e sconfitte, vittorie e delusioni, con la
nitidezza di un raggio laser, dove tutto è amplificato e vivido. Poi gli ormoni
scatenati, l’ansia, la felicità, le emozioni, la paura, che concorrono a
rendere unica e dunque irripetibile quell’esperienza. Chi i innamora per la prima volta prova qualcosa
di simile a una dipendenza da cocaina, azzardano alla SUNY: non si pensa ad
altro, non si può farne a meno, la vita è organizzata in funzione di quel
momento nel quali si potrà avere una “dose” di lui o di lei, in un attimo di
soddisfazione che non soddisfa, ma produce subito il desiderio di altra
“droga”. Quelli del Connecticut pensano invece al paracadutista che per la
prima volta si lancia nel vuoto: potrà poi farlo un centinaia di volte, ma
nessun volo successivo raggiungerà mai la vertigine e l’eccitazione del primo
salto nell’ignoto. O il dolore straziante della caduta. Ma la prova più convincente di quanto sia
indelebile quel primo amore è venuta dall’esplosione dei social network,
soprattutto da quel Facebook dove i partecipanti espongono il proprio volto, la
propria storia, la propria vita all’infinito di Internet. Ha commosso la storia
d’amore di Jeff Storck e di Denise Pavone, un uomo e una donna cinquantenni che,
dopo matrimoni finiti, figli già grandi e il ricordo amarognolo di una passione
bruciata nell’equivoco di lettere – allora di carta – male interpretate come
addii, si sono ritrovati attraverso Facebook. Le foto ci mostrano un uomo di
mezza età ormai quasi calco e deplorevolmente fuori forma accanto a una signora
che neppure con cascate di pizzo e svolazzi di tulle riesce a nascondere la
propria sostanziale rotondità, ma che sorridono in estasi dichiarandosi marito
e moglie mentre si dicono, affettuosamente mentendo, di rivedere l’uno
nell’altro esattamente la ragazzina snella e il capellone che avevano baciato
per l’ultima volta trent’anni prima. I casi di amori perduti e ritrovati via
social network si stanno moltiplicando ed è un fenomeno troppo recente per
sapere se quel filo riannodato tenga, anche dopo il brivido della riscoperta.
Ma per ora è bello illudersi che la corsa dell’acqua verso l’oceano possa
essere fermata e riportata alla fonte. E si possa vivere per due volte la prima
volta.
Vittorio Zucconi – Donna di Repubblica – 23 luglio 2016 -
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