È Don Gardner della ABC Radio network a
informare la nazione, un'ora dopo, del dramma che si è consumato a Dallas nella
tarda mattinata di venerdì 22 novembre. Il presidente degli Stati Uniti
d’America, John Fitzgerald Kennedy, e il governatore del Texas,
John Connally (quest'ultimo, ferito gravemente, se la caverà), sono rimasti
vittime di un attentato, nel corso di una visita ufficiale in vista delle
prossime elezioni.
Poco prima delle tre del pomeriggio arriva la notizia
della morte di Kennedy, a quel punto cala il silenzio sulle trasmissioni
regolari e gli spazi commerciali, che riprenderanno soltanto il martedì
seguente. Nel frattempo attraverso le testimonianze della gente si cerca di
ricostruire l’accaduto.
Al passaggio del corteo presidenziale
nell'affollatissima Dealey Plaza sono stati uditi tre spari,
forse quattro, per alcuni testimoni provenienti da una collinetta erbosa sul
lato della strada, per altri (in maggioranza) dal deposito di libri della Texas
School. È qui che al sesto piano, nascosto tra gli scatoloni, gli agenti
trovano un fucile modello Carcano 91 (di fabbricazione
italiana) e, in corrispondenza di una finestra affacciata sul luogo
dell'attentato, due bossoli.
In quel momento, risulta assente ingiustificato
dal posto di lavoro l'operaio Lee Harvey Oswald, fermato più tardi
in un cinema (dov'è entrato senza pagare), perché sospettato di aver ucciso un
poliziotto nelle ore successive all'attentato. Dagli archivi del FBI spunta un
fascicolo su di lui: ex marine, trasferitosi in Unione Sovietica e da lì
ritornato negli USA, sposato a una donna russa, è sotto osservazione da tempo
per le sue idee marxiste.
Le impronte trovate sull'arma, compatibili con
le sue, sembrano incastrarlo definitivamente, anche se Oswald si dichiara
un «capro espiatorio». Non arriverà a dimostrare la sua tesi al
processo: due giorni dopo l'attentato, durante il trasferimento alla prigione
della contea, verrà assassinato da Jack Ruby, un gestore di night
club vicino ad ambienti di potere legati alla mafia, che una perizia medica
dichiarerà affetto da turbe psichiche.
Questa è la verità ufficiale ricostruita, grazie
anche a un video amatoriale girato dal sarto Abraham Zapruder (che
sarà il punto di partenza di tutte le indagini sul caso JFK), dalla commissione
Warren istituita da Lindoln Johnson, nel frattempo
succeduto a Kennedy, per fare luce sui fatti di Dallas. Ma una larga parte
dell'opinione pubblica disconoscerà tale risultato, optando per la teoria del
complotto.
Numerose inchieste giornalistiche, la più
autorevole delle quali è del cronista Chris Plumley, suffragheranno
questa tesi; studi successivi, in primis quello della United States
National Academy of Sciences smonteranno in gran parte le prove
“tecniche” del complotto, non riuscendo tuttavia a sgomberare il campo da
sospetti e dubbi sulla verità ufficiale. Nuovi elementi sono emersi
nell'ottobre del 2017, quando sono diventati pubblici quasi tutti i documenti
ancora coperti dal segreto di Stato.
Una verità storica è che con la morte di
Kennedy, la cui rielezione era data per certa, si chiuderà un'epoca di nuovi e
importanti cambiamenti sul piano della politica estera e di quella interna. Dal
punto di vista mediatico l'assassinio di Dallas, seguito da una diretta
non-stop per quattro giorni, segnò un primato nella storia televisiva, superato
soltanto nel 2001 da quella successiva all'attacco terroristico alle Torri
gemelle di New York.
http://www.mondi.it/almanacco/voce/11069
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