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giovedì 1 dicembre 2016

Lo Sapevate Che: Per non lavorare ci inventiamo di tutto...



Nel Gelo Di una mattina di dicembre in via Cantù, a Milano, davanti al cinema chiamato dal proprietario, con ammirevole slancio di fantasia, Cinema Cantù, il volto del mio complice di crimine Gigi Mambelli s’imbiancò oltre il suo normale pallore. “Guarda chi c’è”, riuscì adire. Mi voltai e alle mie spalle, elegantissima come sempre quando usciva di casa, vidi mia madre. Alla mia prima “bigiata” come si diceva a Milano, ero incappato, tra il milione e mezzo di persone che in quegli anni ’60 popolavano l’operosa metropoli lombarda, in mia madre. “Faceva troppo freddo a scuola“, balbettai e lei mi gelò con un mezzo sorriso affilato come un coltello da sushi: “Speriamo almeno che dentro il cinema il riscaldamento funzioni”. E se ne andò. Il sorriso sardonico di mia madre, il sentimento di completa idiozia che mi prese appena ebbi finito di pronunciare quella frase, mi tornano puntuali alla memoria quando a fine anno escono i risultato delle ricerche delle aziende di collocamento sulle scuse che i dipendenti usano negli Usa per marinare il lavoro e prendersi una giornata di vacanza fuori ordinanza. La graduatoria è probabilmente molto simile a quella chesi potrebbe compilare in ogni nazione sviluppata. La  graduatoria è probabilmente molto simile a quella che si potrebbe compilare in ogni nazione sviluppata. La regia delle scuse è naturalmente la salute, specialmente nei mesi invernali, quando l’influenza infuria e regala epidemie di pigrixis. La telefonata con le narici serrate fra le dita e accessi di tosse è sempre buona per un paio di giornate di vacanza, che è la media dell’assenza per indisposizioni minori. Al secondo posto, il jolly metropolitano buono per tutte le partite: il traffico. Ma a differenza della pseudo influenza, il traffico presenta rischi di verifica, nell’era delle app che in Rete permettono di vedere la situazione.(..). Al  terzo, i carissimi bambini. Ora che madri e padri condividono sempre più le responsabilità genitoriali, tutto quello che riguarda i pargoli, dalla visita dal pediatra a corsi di ogni attività ginnico-sportiva, offre ghiotti alibi per ritardi e assenze. Nonni  e nonne continuano a morire con tempestiva frequenza, offrendo pretesti funerari da centellinare tuttavia con cautela. Nonni miracolosamente resuscitati dopo numerose sepolture causano 500 licenziamenti in media ogni anno. Periodici dolori femminili sono al quinto posto, grazie all’aumento delle donne nella popolazione al lavoro, un’importante e indiscutibile scusa che le meno giovani sostituiscono con i malesseri della menopausa. Ma, esaurite le ragioni più ovvie di assenze più o meno giustificate, si spalanca la prateria delle scuse più stravaganti. Ci sono  la depressione per la sconfitta della propria squadra del cuore. La violenta diarrea del fedele cagnone, che non può essere lasciato solo a scacazzare per casa. Il dolore per il tradimento e l’abbandono della persona amata. La scoperta di ragni mostruosi che scatenano l’ aracnofobia e impediscono alle vittime di uscire dall’armadio nel quale si sono rinchiuse fino all’arrivo della polizia. La morte di un amico che comporta il dovere di portare a spalla la bara. Un incendio nella cucina durante la cottura delle uova fritte. E, tra le più folli segnalate (“Mi è scappato il lama dal giardino”) se ne trova una ragionevolissima che viene offerta e accettata più di quanto si potrebbe pensare: “Oggi non ho voglia di lavorare”. E poi sì, mamma: c’è anche chi telefona al boss e rifiuta di andare al lavoro dice che in ufficio c’è troppo freddo.
Vittorio Zucconi – Opinioni – Donna di Repubblica – 26 Novembre 2016 -

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