Scorrendo Ogni Tanto gli scaffali dei miei libri che sono
disposti per ragione degli anni in cui li ho letti, gli occhi mi sono caduti
sull’epoca in cui frequentavo il liceo di Sanremo. La mia famiglia viveva
allora in quella città che aveva come centro turistico ed economico il Casinò,
un palazzo intero di proprietà del Comune. Era quindi un ente pubblico che lo
aveva dato in esercizio ad una società privata. C’è ancora e credo che la città
viva profittevolmente per la sua
attività. Il Libro Di Cui Parlerò su questa pagina ha come autore un
astronomo inglese che si chiama Arthur Stanley Eddington e come titolo “Spazio,
tempo e gravitazione”. Eddington racconta in parte se stesso, ma soprattutto
l’inventore della “Relatività generale” cioè Albert Einstein. Potrà sembrare
strano che un gruppo di studenti, tra i quali c’era anche Italo Calvino con il
quale fui per tre anni compagno di banco, si sia occupato di un tema così
lontano dai nostri interessi culturali. Noi eravamo affascinati soprattutto
dalla letteratura, dalla poesia, dalla filosofia; detestavamo la matematica e
la geometria. Per la letteratura il professore che ce la insegnava era
bravissimo, un prete modernista che era stato allontanato dalle parrocchie e
autorizzato all’insegnamento nella scuola pubblica. Si chiamava don Piggioli e
ancora me lo ricordo; gli autor erano quelli che hanno illustrato la storia
dell’Italia culturale, dal Dolce stil nuovo fino a Carducci. A quell’epoca
l’insegnante si fermava lì. Per quanto riguardava le scienze altri insegnanti
arrivavano fino alla teoria della gravitazione di Newton. Ma ad un certo punto
un editore italiano pubblicò il libro di Eddington e io lo comprai e ne fui
profondamente colpito. Lo segnalati agli amici della banda (così ci eravamo
auto-battezzati ed eravamo una ventina) e anche loro lo lessero e il tema che
era stato scoperto da Einstein diventò l'argomento più trattato nelle nostre
conversazioni extrascolastiche (discutevamo anche delle ragazze che più ci
piacevano, ma quello non era certo un tema culturale). Riporterò Una Pagina di quel lbro che merita di essere citata: “Paragoniamo due ibri molto
noti che potrebbero essere definiti trattati elementari sulla relatività,
“Alice nel Paese delle Meraviglie” e I viaggi di Gulliver”. Alce cambiava
continuamente di grandezza, a volte cresceva e a volte era sul punto di
scomparire del tutto. Gulliver conservava la sua statura ma in un’occasione
incontrò una razza di uomini di minuscola statura in un mondo in proporzione e
in un altro viaggio incontrò una terra in cui tutto era gigantesco. Non
occorrono grandi riflessioni per vedere che i due autori descrivono lo stesso
fenomeno, una variazione di grandezza relativa tra l’osservatore e
l’osservato”. Da Allora La Relatività è diventata per me un concetto
fondamentale che denota la modernità a partire dall’illuminismo. Non c’è nulla
di Assoluto, tutto è relativo, tutto emana dal singolo individuo e lo si vede
nella storia del pensiero moderno. Scientifico, politico, religioso.
L’individuo non è clonabile. E di questo ho avuto la fortuna di poter discutere
anche con papa Francesco. Non avrei potuto avere un interlocutore migliore di
lui.
Eugenio Scalfari – Il vetro soffiato www.lespresso.it – L’Espresso - 24 Dicembre 2016 -
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