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martedì 16 agosto 2016

Lo Sapevate Che: Se la scossa ti cura...




La terapia contro l’artrite reumatoide, un giorno, potrebbe essere (anche) elettronica, impulsi elettrici sparati attraverso il nervo vago, capaci di spegnere l’infiammazione che distrugge le articolazioni. Calmando la produzione delle molecole che ne sono responsabili, prime tra tutte il Tnf (fattore di necrosi tumorale), tra i bersagli principali dei farmaci oggi in uso per combattere l’artrite. La proposta di curare l’artrite reumatoide con gli impulsi elettrici arriva da uno studio pubblicato su Pnas che racconta i promettenti risultati condotti su un piccolo gruppo di pazienti. Ma l’idea di usare la stimolazione elettrica per spegnere il sistema immunitario, fuori controllo in chi soffre di artrite reumatoide non è ancora una possibilità effettiva, ricorda Roberto Caporali, professore associato di Reumatologia, Università di Pavia, e responsabile della Early Arthritis Clinic della Fondazione Irccs Policlinico San Matteo di Pavia: “Con 23 milioni di pazienti in tutto il mondo è normale che la ricerca vada oltre i farmaci tradizionali ma non dimentichiamoci che questa è una tecnologia in fase sperimentale. Più reale rimane la prospettiva di curare l’artrite reumatoide, che solo in Italia di malati conta 400 mila, ricorrendo ai cari e vecchi farmaci chimici. Vecchi per modo di dire. Infatti, negli uffici dell’Fda e dell’Ema – gli enti, statunitense ed europeo, che si occupano di approvare nuovi farmaci – è in corso di valutazione una piccola molecola che potrebbe rivoluzionare la cura dell’artrite reumatoide. Si chiama Baricitinib e rispetto ad altri farmaci ha il vantaggio di colpire più bersagli. In questo caso sono due enzimi, Jak1 1 Jak 2, combattendo dolore, rigidità mattutina e affaticamento. Ma questo non è il suo unico vantaggio: “A differenza dei farmaci biologici, come gli anti-Inf, può essere somministrato per via orale”, continua Caporali. L’aderenza alle terapie e la diagnosi precoce, così che le medicine si possano somministrare prima che si instaurino  meccanismi infiammatori difficili da sradicare, sono le chiavi per una terapia che può essere sospesa, se pure solo in una piccola percentuale di pazienti. “Dieci anni fa anche solo immaginarlo era impossibile”, conclude Caporali.
Anna Lisa Bonfranceschi – Natura – L’Espresso 14 agosto 2016-

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