Abbiamo Grumi di Stato islamico alle porte: colpa
nostra. Non abbiamo capito, 25 anni fa, quando implose la Jugoslavia, che
quelle guerre balcaniche non erano residui del passato ma un annuncio di
futuro. C’era la Bosnia assaltata dalle bande serbiste che chiedeva,
disperatamente, di essere aiutata da noi perchsi sentiva Europa, Occidente. Noi
le voltammo le spalle, l’ambasciatore americano Warren Zimmermann, novello
Pilato, dopo aver promesso protezione, disse al presidente Alija Izetbegovic:
“Le auguro di resistere”. Si fecero avanti diversi Stati arabi, offrirono soldi
e arsenali. I mujaheddin di ritorno dalla diaspora dopo l’Afghanistan trovarono
un’altra causa per cui combattere, formarono una brigata. Al termine del conflitto
sposarono donne del posto, si fermarono per comandare in territori invero
minuscoli. Però marcarono una presenza, seppur ultraminoritaria, propagandarono
un credo. Seminarono per raccogliere i frutti, una generazione dopo, quando il
Califfo ha chiamato a una nuova Guerra Santa. Potendo contare su una merce
rara: aspiranti suicidi però biondi e con gli occhi azzurri, dunque mimetici
tra di noi. Si può guardare al bicchiere
mezzo pieno. C’è un “genius loci” a Sarajevo e dintorni, laico, persino ateo,
che ha resistito alle sirene del jiadismo. Grazie. Però al terrorismo bastano
pochi uomini che mettano a disposizione il proprio corpo, per destabilizzare
società impaurite: nei Balcani oggi si trovano. All’o posto, il Kosovo dove
Clinton (Bill) è venerato ancora oggi come un padre della patria per l’attacco
alla Serbia che ha permesso la creazione di una larva di Stato indipendente
dove non c’è nessuna tradizione istituzionale consolidata. E clan più o meno
malavitosi hanno potuto spadroneggiare, troppo intenti a fare affari per
curarsi di un wahabismo strisciante che si è insinuato a suon di petrodollari
in quel mondo rurale dove ha portato un surrogato di welfare: l’anticamera del
consenso. Causa ignoranza storica e miopia geopolitica, ci siamo giocati una
fetta di Islam europeo, mite e dialogante. E quando ne avremmo avuto bisogno
per costruire i ponti tanto cari a papa Francesco (e prima di lui a Giovanni
Paolo II) nel momento in cui l’altro Islam, quello sanguinario, sembra l’unico
ad avere voce. Non Dovremmo essere sorpresi oggi se Bosnia e
Kosovo, con l’aggiunta del Sangiaccato serbo e di fette di Macedonia, sono una
spina nel nostro fianco sud-orientale. Eravamo disabituati a ragionare in
termini di interesse nazionale, durante la Guerra Fredda, perché tanto la
nostra politica estera la faceva Washington. Dunque abbiamo abbandonato i
vicini al loro destino, convinti che l’utopia della pace perpetua kantiana,
però realizzata negli ultimi settan’tanni, ci avrebbe protetto. Così alcuni
vicini sono stati attratti da un altro destino. Che non ci può lasciare indifferenti. Perché ci
riguarda.
Gigi Riva – www.lespresso.it
– g.riva@espressoedit.it - L’Espresso – 7 agosto 2016
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