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Tendenze. #PrayFor.Germany,
Orlando, Nice, Munich, France, Kabul. Dato per scontato ormai il trattamento
diverso che riserviamo a chi muore in quello che riconosciamo come il nostro
mondo, rispetto a chi muore in un mondo che in fondo vediamo solo attraverso le
cronache di guerra, stiamo attenti a non farci bastare un hashtag per credere
assolto il nostro compito della comprensione. Pregare per, anche
simbolicamente,è solo il primo passo verso un’analisi più approfondita perché
comprendere significa innanzitutto trovare le differenze e non le similitudini.
Dall’attacco alla redazione di Charlie Hebdo siamo entrati in una spirale di
terrore che non ci consente più di ragionare su nulla. Molti hanno paura a
programmare un viaggio, molti – talvolta giustamente – mettono in discussione
la capacità delle agenzie di intelligence di poter, se non prevedere, almeno
far fronte a una esplosione di violenza che è tanto ingiustificata quanto
eclatante e che, a Nizza, come sembra, poteva essere evitata. Per il Bataclan
c’è chi ha addirittura riferito di un mancato coordinamento tra governo
nazionale e amministrazione cittadina per un intervento tempestivo delle forze
dell’ordine, che avrebbe forse ridotto il numero delle vittime. Da un lato, quindi,
folli disadattati che mettono in ginocchio i nostri nervi e la nostra capacità
di provare empatia e di non sentirci perennemente sotto attacco, dall’altro una serie di
“leggerezze” che ci dicono molto su un dato: alla paura crescente di vivere –
perché è ovvio che se ho paura di uscire, di prendere la metro, di andare in un
ristorante, a un concerto o allo stadio, non ho paura di morire, ma proprio di
vivere – non fa fronte la capacità di chi gestisce la pubblica sicurezza di
comprendere che stiamo vivendo una guerra che però non è assai diversa dalle
guerre che conosciamo. E’ una guerra che non porterà, come molti
preconizzano a goni attentato, alla
terza guerra mondiale, che non porterà a ripristinare la coscrizione obbligatoria,
ma che erode la nostra capacità di comprendere da chi dobbiamo difenderci e
come. La parlamentare britannica Jo Cox, assassinata poco prima che si votasse
per la Brexit, era stata minacciata di morte ma non era sotto protezione. (..).
La Strage Di Monaco ha molto più in comune con Columbine che con gli attacchi
terroristici rivendicati dallo Stato islamico e mentre scrivo sono diventati di
tendenza due nuovi hashtag: #PrayForFlorida e #FortMyers per la sparatoria in
un night club durante una teen night, 2 morti e 20 feriti. (..) Ma Una Domanda Su Tutte ce la dobbiamo fare. Dove hanno preso le armi? Come hanno
costruito le bombe? Questa è la traccia e non le intenzioni, ma l’effettiva
capacità di mettere in atto un disegno criminale grazie alla possibilità di
reperire armi. E allora mi sembra emblematica la vicenda di Monaco. Uno
studente diciottenne della Realschule, che vive
in un quartiere niente affatto periferico, figlio di una commessa e di
un tassista immigrati negli anni Novanta dall’Iran fa una strage in un centro
commerciale. Chi non ha pensato a Is? Eppure con Is non c’entrava nulla.
Abbiamo dovuto leggerlo nero su bianco, anche se avremmo potuto capirlo
immediatamente dato che in Iran il 95 per cento degli abitanti sono sciiti, i
primi cioè che il jiadismo sunnita colpisce. Resta quindi un interrogativo,
l’unico: possibile sia così facile comprare un’arma su Internet?
Roberto Saviano – L’antitaliano www.lespresso.it – L’Espresso – 4 agosto
2016 -
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