I primi segnali di nervosismo si
avvertono una settimana prima della data prevista e il nervosismo degenera in
crisi acuta con l’avvicinarsi dell’ora fatale. Neppure anni e anni di
esperienza e milioni di chilometri percorsi con ogni mezzo di trasporto
attenuano l’ansia per quella cosa che rende ogni viaggio un incubo: la
maledetta valigia. Odio la valigia. La odio con una passione travolgente,
incondizionata, che neppure materiali ultraleggeri, rotelle, chiusure lampo,
compartimenti a fisarmonica e maniglie estraibili hanno mai sedato. Ho speso
fortune in bagagli di ogni concepibile dimensione e forma, che si accatastano
prendendo polvere in cantina come quei ricordi rimossi e tossici che gli
psicoanalisti cercano di estrarre dalla memoria. (..). Nessuno, neppure gli
esperti e i viaggiatori di professione, ha mai prodotto la formula perfetta per
risolvere correttamente l’equazione fra i giorni previsti lontani da casa e il
numero di camicie, calzoni, giacche, vestiti, mutande, sottane, maglie, golf,
scarpe, bluse, costumi da bagno, lozioni, pillole, calze da insaccare.
Nell’ansia e nei dubbi, esplode la difference,
l’insanabile differenza fra i sessi. Studi attendibili confermano che uomini e
donne concepiscono la preparazione della nostra specie soffrono della sindrome
della lumaca, di colei che vorrebbe portarsi addosso la propria casa ovunque
vada. I maschi hanno l’istinto della cavalletta, pronti a saltare di qua e di
là, senza preoccuparsi di che cosa portarsi dietro. (..) Meglio un
valigione da emigrante o due valigie
medie? Quanti medicinali? Quel trolley imbottito e gonfio come un Buddha
entrerà nelle striminzite cappelliere? All’arrivo ci accoglierà una nuova Era
Glaciale o un aggravamento dell’Effetto Serra? I due opposti sogni e incubi
collidono e producono liti. Il sogno maschile di viaggiare con una
Ventiquattrore non si realizzerà mai,così come la pretesa femminile di
comprimere una casa intera dentro una valigia. L’atto finale della commedia del
bagaglio è l’immancabile “te l’avevo detto” di lei, quando lui scopre di essere
senza scarpe o con i calzoni scuciti sul sedere e il “come al solito hai preso
troppo” di lui quando al ritorno si deve constatare che metà delle masserizie
trascinate non è mai stata usata. Non ci sono, come non ci sono per i grandi
dilemmi esistenziali, soluzioni o formule definitive, oltre a quel meraviglioso
ingrediente che non dovrebbe mai mancare in ogni viaggio, che è la pazienza,
ormai indispensabile per chiunque esca di casa, per andare al lavoro o per fare
il giro del mondo, nella certezza che anche il bagaglio più razionalmente
preparato finirà a Hong Kong invece che alla destinazione prevista Napoli. Si
resta con il sospetto che il Signore Onnipotente, offeso da quei due che si
permettevano di viaggiare nel Giardino dell’Eden senza neppure il peso di una
foglia di fico, non si sia limitato a condannare lei a partorire con dolore e
lui a lavorare al Catasto come dice la Bibbia. Ma che li abbia dannati a vagare
per il mondo trascinandosi le valigie.
Vittorio Zucconi – Donna di Repubblica – 2 luglio 2016 -
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