Racconta una vecchia filastrocca
semiseria sul rapporto fra neonati, succhiotti e genitori: Quando al primo
figlio cade il ciucciotto per terra, la madre si fionda a sterilizzarlo subito,
possibilmente in acqua bollente. Quando al secondo figlio cade il ciucciotto,
la madre lo sciacqua sotto l’acqua corrente. Quando al terzo figlio cade il
ciucciotto, la madre se lo strofina contro il vestito e glielo rimette in
bocca. Quando al quarto figlio cade il ciucciotto, la mamma lascia che se lo
recuperi da solo il ciucciotto, eventualmente battendosi col vane che lo ha
mordicchiato golosamente.
Quiz: quale, fra queste quattro, è la decisione igienicamente
corretta? Essendo ormai rara una famiglia con quattro figli, la storia del
succhiotto caduto difficilmente trova riscontri empirici, ma una nuova ricerca
condotta congiuntamente da facoltà di Pediatria e Immunologia americane e
australiane su migliaia di bambini seguiti fino all’età adulta tende a
insinuare il sospetto che il comportamento numero quattro sia il più saggio e
il più vantaggioso a lungo termine. Gli studiosi non hanno pretese di
conclusioni drastiche o di indicazioni cliniche. Hanno soltanto osservato che i
giovani adulti che da bambini erano stati più esposti ai comuni germi tra i
quali nuotiamo, che avevano usato il ciuccio caduto o addirittura (orrore per
la mia mamma che dal cielo sta scagliando fulmini contro le università
australiane e americane) si erano mordicchiati le unghie ricettacolo di ogni
microschifezza, tendono a soffrire poi molto meno di allergie, intolleranze
alimentari e comuni infezioni stagionali. (..). Da genitore e da nonno, senza
alcuna conoscenza scientifica, non offro consigli. Ho vissuto troppo
intensamente la “sindrome del primo nato” per non sapere quanto sia
irresistibile. Al primo starnuto, brivido o mal di pancia, mi chinavo sulla
culla della mia prima nata con mascherina chirurgica e guanti di gomma, nel
timore di infettarla. Con il secondo nato, maschera, guanti, precauzioni,
sterilizzazioni di succhiotti o di gingilli da mordicchiare scomparvero e i due
figli sono cresciuti senza apprezzabili differenze di cagionevolezza o di
fragilità. Nessuna raccomanda che i bambini bevano l’acqua delle pozzanghere
come i cani o si mangino le unghie, ma l’ossessione della sterilizzazione può
essere controproducente per loro, oltre che nociva all’igiene mentale dei
genitori con tendenze maniacali. E’ la stessa ansia che ci travolge quando,
anni più tardi, la neonata sopravvissuta all’aggressione dei germi uscirà da
sola alla sera per la prima volta e vorremmo farla scortare da squadre di
eunuchi (non si sa mai, anche con le guardie del corpo) armati di scimitarre. O
quando ci troveremo a immaginare automobili e motorini circondati da
ciambelline di gomma per attutire ogni caduta o urto. Ci si rassegna a fatica
al pensiero che i nostri neonati, i nostri figli dovranno vedersela con le
stesse minacce batteriologiche, virali oppure – le più pericolose – umane che
affrontammo noi e commetteranno i nostri stessi errori. Poi ci si rassegna a
non considerare ogni lecca lecca caduto per terra e succhiato una bomba
biologica. come adombra la ricerca, e ogni ragazzo uno stupratore con pulsioni
omicide. Magari ricordando quello che mio padre mi disse, davanti alla mia
prima figla: “Stai calmo e ricordati che i figli crescono nonostante i
genitori”.
Vittorio Zucconi – Donna di Repubblica - 30 luglio 2016 -
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