Come spesso
accade nelle storie dei "grandi", il racconto comincia da una
famiglia di umili origini. Quella di Robert Allen Zimmerman proveniva
dalla Lituania, da dove era fuggita per scampare alla persecuzione antisemita,
trovando dimora a Duluth (una cittadina del Minnesota). Qui il giovane Robert
scopre la sua passione per il rock, nel mito di Little Richard ed Elvis
Presley. Presto la sua sete di poesia e spiritualità lo porta a cambiare
genere, trovando pieno appagamento nel folk.
Come lui stesso rivelerà più tardi, le "canzoni popolari" (anche
dette folk) «sono colme di disperazione, di tristezza, di trionfo, di
fede nel sovrannaturale, tutti sentimenti molto più profondi». È la musica
che più si confà al suo animo inquieto e con quella sale per la prima volta su
un palco, imbracciando la chitarra acustica. Tutto ciò accade a New York, dove
si trasferisce nel 1961 inseguendo l'idolo Woody Guthrie.
Come tante giovani promesse subisce il fascino del Greenwich Village, quartiere
simbolo della cultura bohémien americana che si ritrova nei tanti locali e pub
mal frequentati della zona. In uno di questi, esattamente il Gerde’s
Folk City, il 19enne Robert fa il suo debutto in pubblico. È la sera
dell'11 aprile, quando il proprietario del locale, un italoamericano di nome Mike
Porco, gli concede di fare da "apri concerto" per il bluesman
John Lee Hooker.
Nessuno dei presenti sospetta minimamente che quel ragazzo esile e dalla voce
gracchiante è destinato a diventare, di lì a qualche anno, un mito della
musica. L'anno seguente segna un cambiamento decisivo nella sua vita: cambia
nome al tribunale in Robert Dylan e pubblica il primo album
con lo pseudonimo che lo accompagnerà per tutta la carriera: Bob Dylan.
L'accoglienza del pubblico è freddina e le vendite si risolvono in un mezzo
flop.
Tutt'altro copione gli riserva il secondo album, The Freewheelin’ Bob
Dylan, edito nel maggio 1963. Con esso l'artista si accredita come
interprete e soprattutto come autore presso famosi artisti come Joan
Baez, che lo vuole accanto a sé nei concerti e per un periodo anche nella
vita sentimentale. Sono gli anni del malcontento giovanile verso la politica
aggressiva degli USA, che dal clima destabilizzante della guerra fredda porterà
agli orrori del Vietnam. Dylan si fa portavoce di questo sentimento e la
celebre Blowin' in the Wind ne diventa il manifesto
ideologico.
Dalla battaglia per i diritti civili al rifiuto della guerra, la sua musica
influenza generazioni di giovani e di colleghi, sempre nel segno
del'anticonformismo. Parallelamente i suoi dischi registrano vendite da record:
circa 70 milioni di copie vendute in mezzo secolo di carriera,
raccontata attraverso 34 album in studio, 13 live, 14 «best of», e un mix di
generi che va dal country al rock, passando per la musica popolare inglese,
scozzese ed irlandese.
Dicono molto di lui i numerosi riconoscimenti: 40 dischi di platino,
altrettanti d’oro e sette d’argento; 11 Grammy; un Oscar e un
Golden Globe per la colonna sonora del film Wonder Boys (2000).
Stimato come un intellettuale a tutto tondo, in grado di anticipare le tendenze
culturali di ogni epoca, Dylan è stato più volte tra i candidati al Nobel per
la Letteratura.
Nel 2015 la rivista Rolling Stone lo celebra come il "più
grande cantautore di tutti i tempi", l'anno seguente arriva il massimo
riconoscimento del Nobel per la letteratura, assegnatogli
dall'Accademia svedese per il merito di «aver creato nuove espressioni
poetiche nella grande tradizione della canzone americana».
http://www.mondi.it/almanacco/voce/479002
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