Quando nei libri di Storia apparirà il racconto di
questi ultimi anni terribili, tra pandemia e guerra in Ucraina, uno storico
spiegherà come negli anni della Covid e della Brexit, il perno attorno al quale
i britannici possono raccogliersi resta ancora una volta la monarchia, nella
persona di Elisabetta II, una
donna di 96 primavere (è nata il 21 aprile 1926) che regna da 70 anni (è
salita al trono il 6 febbraio 1952, dopo la morte del padre Giorgio VI) e ha
visto più cose di qualunque politico dei giorni nostri.
ELISABETTA
II, UNA VERA ICONA. Da febbraio sono partiti i festeggiamenti per il
Giubileo di Platino della sovrana, che culmineranno nella spettacolare parata
Trooping the Colour del 2 giugno. La regina Vittoria (1819-1901,
63 anni e 7 mesi di regno) era arrivata solo al Giubileo di Diamante.
Elisabetta fa parte del quotidiano dei britannici al
pari del Tower Bridge: sta sulle tazze da tè e sugli ombrellini per turisti, è
così familiare da diventare la protagonista di serial tv di richiamo mondiale,
come The crown, e di libri di fanfiction. Alan
Bennet, nel romanzo La sovrana lettrice, la trasforma
in una vorace consumatrice di romanzi; Elisabetta in persona chiede i libri in
prestito al furgoncino della Biblioteca circolante del distretto di
Westminster, che ogni settimana parcheggia davanti alle cucine di Buckingham
Palace. E a mano a mano che s'immerge nella lettura, mostra la sua ironia nel
giudicare i protagonisti delle pagine divorate, molti dei quali conosciuti
personalmente nei lunghi anni di regno.
Perché se è un personaggio che si
possa definire storico, questa è Elizabeth Alexandra Mary Windsor, l'ultimo
capo di Stato vivente ad aver conosciuto la Seconda guerra mondiale e i suoi
protagonisti, da Churchill a
Eisenhower, ad aver regnato mentre Mao era presidente per poi essere ospite
nella foresteria di Deng Xiao Ping a Pechino.
Ha incontrato tutti i presidenti americani da Truman in poi, ha
ricevuto John Fitzgerald Kennedy e Jackie e le due pietre dello scandalo Nixon
e Trump. Ha portato nella fiabesca carrozza di Stato, i presidenti francesi De
Gaulle e Chirac, il leader delle libertà Mandela e il campione delle dittature
del dopoguerra Ceaucescu, ha cenato con quattro presidenti russi, da Kosygin a
Gorbachev, da Eltsin a Putin, ed è salita sul treno blu con Tito per
attraversare con lui la Yugoslavia ancora unita. Questa donna che ha conosciuto
cinque papi è stata erede al trono dell'impero anglo-indiano, per poi perderlo e
consegnarlo a Nehru e Indira Gandhi, premier dell'India indipendente.
Ha visto due Olimpiadi di Londra: quella del dopoguerra, nel 1948,
aperta dal padre Giorgio VI nello stadio di Wembley; e quella del 2012
inaugurata da lei, nell'anno del suo Giubileo d'argento, lanciandosi da un
elicottero in compagnia di James Bond, per atterrare - a 86 anni, in pizzo rosa
e cappellino di piume - sull'Olympic Park che porta il suo nome (il lancio era
finzione, d'accordo, ma la regina nel pronunciare la sua battuta era convincente
quanto Daniel Craig!).
I SUOI NEMICI. Questa sovrana del Commonwealth, che è il capo di 16 Stati, dalle
isole britanniche all'Australia, dal Canada alla Giamaica, nella sua vita si è
adattata a cambiamenti impensabili nei ruggenti anni Venti in cui è nata. Ed è
stata riprodotta in 130 ritratti ufficiali, da Andy Warhol a Lucien Freud. Si è
scontrata con nemici vecchi e nuovi: letali come Hitler, che per mesi ha
riversato bombe sulla capitale inglese e sulla residenza dei sovrani, e
insidiosi come Diana, la nuora bionda ed elegante, che per un pelo non ha
abbattuto la monarchia rivelando i sordidi tradimenti dell'erede al trono
Carlo. Ne è uscita indennne, anche se un po' ammaccata.
Quando Elizabeth Alexandra Mary Windsor venne al mondo era solo terza
nella linea di successione al trono. Nacque alle due e trenta del mattino, con
un parto cesareo, al 17 di Bruton Street a Mayfair, la residenza londinese dei
nonni materni, i conti di Strathmore e Kinghorne, distrutta poi dalle bombe. La
famiglia si trasferì lì quando Elizabeth aveva 14 mesi e i genitori erano
appena tornati da un tour di sei mesi tra Australia e Nuova Zelanda.
NON TOCCAVA A LEI. A quattro anni le avevano già dedicato la sua prima biografia, a
11 la seconda, ma nel 1936 Elizabeth era ancora e solo Lillybet, ignara che in
quell'anno fatale si stesse consumando la separazione fra Edoardo VIII e la
corona del Commonwealth: il giovane sovrano regnò dal 20gennaio all'11
dicembre, abdicando per poter sposare l'americana Wallis Simpson. Ei l padre di
Elisabetta, Giorgio VI, dovette salire al trono suo malgrado. Non fu unas
orpresa. Lo stesso Giorgio V, al momento della nascita della sorellina di
Lillybet, la principessa Margaret (1930), aveva ordinato una special
investigation per dirimere una «controversia costituzionale», come scrive Ben Pimlott:
«Alcuni esperti avevano avanzato la tesi che le due sorelle avessero eguali
diritti dinastici» nella linea di successione. Dubbio presto dissipato, con
somma soddisfazione del sovrano.
SEDUZIONE NAZISTA. Dopo la morte di Giorgio V (1936), tutto il Paese era rimasto a
osservare l'amore scandaloso che si consumava a corte tra l'americana e il
nuovo re. Nell'ottobre del1937 Edoardo e la moglie Wallis, retrocessi a duchi
di Windsor, si avventurarono in un viaggio privato in Germania, a conclusione
del quale furono ricevuti da Hitler al Berghof, il suo rifugio sulle Alpi
Bavaresi.
In quei mesi cruciali Elisabetta si dedicava ai giochi
di una ragazzina, veniva educata in casa con Margaret sotto la supervisione
della madre, Elizabeth Bowes-Lyon. Faceva molto sport, cavalcava e spupazzava i
suo cani corgi. Al 145 di Piccadilly la famiglia del futuro re appariva
perfetta, scrive lo storico Ben Pimlott: «Un padre orgoglioso,modesto e
riservato, una madre pratica, concentrata sull'educazione delle figlie, due bimbe
ben educate, ben vestite e pettinate, i pony, i cani», insomma «un distillato
di britannica wholesomeness (salubrità)». Lillybet con la sorella scrisse ai
genitori una letterina zuccherosa in cui faceva il resoconto dell'incoronazione
di suo padre, che si era tenuta nella cattedrale di Westminster nel maggio
1937.
Pochi giorni dopo saliva al potere il primo ministro Chamberlain che
avrebbe firmato l'accordo di Monaco con i nazisti (1938). Allora mezzo governo
tifava per i tedeschi. C'era solo il vecchio Winston Churchill a tuonare per
un'azione di contrasto. La mobilitazione delle truppe riportò gli inglesi alla
realtà: il Paese aprì gli occhi nel maggio del 1940, con le dimissioni di
Neville. Churchill divenne il nuovo premier. Al povero Giorgio VI, che era
balbuziente, spettava però un altro ruolo, quello di esempio.
SOTTO LE BOMBE. Il re che tartagliava conosceva i suoi doveri: aveva già
combattuto i tedeschi nella battaglia dello Jutland (1916). E con la moglie
decise di restare a Londra, invece di mettere la famiglia in salvo in Canada.
Il 13 settembre evitarono per un pelo la morte: sei bombe tedesche esplosero su
Buckingham Palace. Iniziavano gli otto lunghi mesi del Blitz, il
bombardamento di Londra: il sessanta per cento delle abitazioni furono sventrate
o danneggiate, 40mila civili vennero uccisi, oltre centomila feriti.
La principessa Elisabetta, appena ebbe l'età per farlo, indossò la
divisa da ausiliaria (matricola 230873), prese la patente da autista e si mise
al volante di ambulanze e jeep, un'abitudine che avrebbe conservato per tutta
la vita. Imparò a riparare i motori di camion militari e pronunciò il suo primo
discorso radiofonico nel programma Children's Hour della BBC: «Stiamo facendo
il possibile per aiutare i nostri valorosi i soldati e stiamo pure cercando di
sopportare la nostra parte di pericolo e di tristezza per la guerra.
L'8 maggio 1945 Churchill parlò per radio annunciando la resa tedesca.
La famiglia reale uscì dai cancelli del palazzo in mezzo alla folla che si
accalcava per applaudirli.
LA GUERRA È FINITA. Quella sera Margaret ed Elizabeth, in divisa militare, si mischiarono
ai londinesi per festeggiare la vittoria. Le faceva da scorta il cugino Filippo
di Grecia (1921-2021), aitante, biondo, un profugo. «Ero terrorizzata dall'idea
che potessero riconoscermi, ma non potrò mai dimenticare quella marea di
felicità e sollievo», disse anni dopo la regina in una delle rare interviste
concesse. Decenni dopo, scrive Pimlott nella sua poderosa biografia, avrebbe
confessato a una deputata del Labour che «quello era stato l'unico periodo
della sua vita in cui era stata davvero capace di mettere alla prova le sue
capacità e confrontarsi con i coetanei».
MAI UN PASSO INDIETRO. Eppure Elisabetta si è confrontata con svolte epocali, ma lo ha
fatto per lo più senza batter ciglio, dimostrando di essere nata per quel
ruolo. Ogni volta ha esibito una saldezza che ha pochi paragoni nella Storia:
come quando si è ritrovata regina durante un viaggio in Kenya (1952), dove
Filippo le ha annunciato l'improvvisa morte del padre. O come quando ha
affrontato le doglie mentre il marito, impegnato a giocare a squash, veniva
richiamato in gran fretta. Ha assicurato il futuro della monarchia dando alla
luce Charles (1948) al secondo piano di Buckingham Palace. I medici avevano
preannunciato una bambina. Non ha fatto una piega davanti alle incessanti
dicerie sulle infedeltà dell'amato Filippo, ma quando lo scorso anno ha
assistito alle sue esequie tutto il regno l'ha vista in diretta tv sola e
desolata. Oggi è il tempo della festa, della parata e delle bandierine. E
Lillybet è ancora lì.
https://www.focus.it/cultura/storia/regina-elisabetta-96-anni-eta-compie
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