Preceduta da una campagna elettorale combattuta,
in cui, per la prima volta, i partiti fecero largo ricorso alla cartellonistica
e alla propaganda "on the road", la tornata elettorale presentò un
quadro semplificato delle forze in campo, con la Democrazia Cristiana di
Alcide De Gasperi da un lato e il Fronte democratico popolare,
figlio dell'alleanza tra il PCI di Palmiro Togliatti e il PSI di Pietro Nenni,
dall'altro.
Completavano la scheda l'Unità socialista (patto
tra il PSDI, allora PSLI, di Saragat e l'UdS di Lombardo), il
Blocco nazionale (Liberali e Qualunquisti), il Partito nazionale monarchico, il
Movimento sociale italiano e il Partito Repubblicano. Chiamati a votare con un
sistema proporzionale, si recarono alle urne poco meno di 27 milioni di italiani
su 29.117.554 elettori, circa il 92% del totale, registrando un'affluenza
tra le più alte della storia repubblicana.
Con 12.740.040 preferenze (48%) prevalse la DC,
mentre il FDP si fermò a poco più di otto milioni di voti (30%); terza l'Unità
socialista con il 7% e molto più distaccate le altre liste. La polarizzazione
del voto espresso dagli italiani (la percentuale di dispersione fu tra
le più basse in assoluto) consegnò allo "scudo crociato" la
maggioranza assoluta alla Camera dei deputati (305 su 574) e al Senato (131 su
237).
Con il quinto governo De Gasperi, che aprì
all'alleanza con PRI, PSDI e Liberali, iniziò l'ultraquarantennale parabola
governativa della DC, in cui giocarono un ruolo determinante l'adesione al
blocco occidentale guidato dagli Stati Uniti d'America, in funzione
anticomunista, e il sostegno del mondo cattolico.
http://www.mondi.it/almanacco/voce/5718001
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