Possente eroe della cultura,
incarnazione del genio russo aleggiante il soffio dello spirito sui deserti del
mondo moderno
CHI ERA
DOSTOEVSKIJ? UN’INFANZIA SCANDITA DA RIGIDITÀ E TRAUMI
Fëdor Michajlovič Dostoevskij nasce a Mosca nel 1821, secondo di sette figli.
Il padre, Michail Andreevič Dostoevskij, era un medico militare piuttosto
dispotico che fin da subito prova ad indirizzare la strada del figlio
mandandolo alla scuola del genio militare a Pietroburgo. Appena adolescente, è orfano
di madre, Marija Fëdorovna Nečaeva: proprio lei che gli aveva insegnato a
leggere grazie ad illustri poeti e scrittori russi. Poco dopo muore anche il
padre, forse, ucciso dagli stessi contadini che lavoravano le sue terre. Entrambi
gli eventi potrebbero essere la causa scatenante degli episodi di epilessia che
accompagneranno il nostro scrittore per tutta la vita.
Nonostante il raggiungimento del diploma, lascia il
servizio militare per seguire la sua indole e, lottando contro la povertà,
scrive le prime opere. Povera gente (1846), che
racconta le sofferenze e l’incomprensione degli uomini degradati, e Il
sosia (1846) il cui topos principale è lo sdoppiamento psichico.
Dopo essere stato arrestato per aver apparentemente
partecipato agli incontri di una società con scopi sovversivi, Dostoevskij
evita la pena capitale grazie allo zar Nicola I che
incredibilmente lo risparmia. Proprio in questo periodo nascono opere dove, tra
le varie tematiche affrontate, risaltano le riflessioni sulla pena di
morte. Quattro anni di lavori forzati in Siberia sono l’ennesima esperienza
drammatica che segna questo genio della letteratura ottocentesca.
Nello specifico, la deportazione in Siberia è complice della
creazione di una delle opere più struggenti e crude della produzione di
Dostoevskij: Memorie dalla casa dei morti (1860-1862).
IL RITORNO
A CASA DI DOSTOEVSKIJ
Tornato a San Pietroburgo,
si concentra sulla stesura di opere tra cui: Umiliati e offesi (1862), Memorie
dal sottosuolo (1864) e il celeberrimo Delitto e castigo (1866).
Dopo la morte della prima moglie, conosce (e poi sposa) una stenografa che
lavorava alla pubblicazione di uno dei suoi lavori: Anna Grigor’evna Snitkina.
L’opera in questione era Il giocatore (1866),
romanzo che raccontava la malattia del gioco (di cui lui stesso era vittima).
Dopo il matrimonio con Anna, i due partono per un viaggio in Europa durante il
quale scrive I demoni (1873 – che vede al centro della
trama alcuni terroristi nichilisti) e L’idiota (1869):
storia di un uomo profondamento buono portatore di verità e compassione.
Una volta ritornato in Russia, è il momento del grande
e ultimo capolavoro, il suo canto del cigno: I fratelli Karamazov,
che viene alla luce nel 1879. Il piano dell’autore era quello di pubblicare
un’altra opera che seguisse il filone narrativo de I fratelli Karamazov,
dove Alëša (il fratello minore) sarebbe cresciuto. Tuttavia il progetto di un
seguito viene stroncato dalla morte dello scrittore avvenuta a
inizio 1881.
Negli uomini tutto è abitudine. In ogni cosa, anche nelle
faccende di Stato e in politica. L’abitudine è la prima delle molle.
https://www.mam-e.it/letteratura/fedor-dostoevskij-la-biografia-dai-traumi-dellautore-alla-morale-forte-dei-personaggi/
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