Come “ L’Origine delle specie” di Darwin ha cambiato il mondo 161 anni fa
Nel 2015 un sondaggio online ha eletto un testo di 160 anni fa come il
libro accademico più influente della storia. Si tratta de L’origine della specie di Charles
Darwin, pubblicato nel novembre 1859 al termine di una decennale gestazione e
oggetto di infinite ristampe e riedizioni. Dopo quasi due secoli il testo non
smette di far parlare di sé e continua a esercitare la sua influenza sulla
realtà che conosciamo e sul modo di studiarla.
Darwin non ha neanche 30 anni quando
si unisce, nel 1831, alla spedizione esplorativa sul brigantino Beagle, che, dopo una tappa a Capo Verde, lo porta in Sud
America e in Oceania. Osservando animali, raccogliendo fossili e riflettendo
sulla somiglianza tra l’uomo e gli esemplari di orango visti allo zoo, alla
fine degli anni Trenta del Diciannovesimo secolo formula l’ipotesi che una
specie vivente possa con il tempo originarne un’altra. Lo mette per iscritto
per la prima volta nel 1842, in un periodo in cui il fermento e l’interesse per il
tema infiammano l’ambiente accademico, dove circolano diverse teorie
innovative. Già il nonno di Darwin, Erasmus, aveva parlato di trasmutazione delle specie, idea poi sviluppata
dal francese Jean-Baptiste Lamarck negli studi sull’ereditarietà dei caratteri
acquisiti. La formulazione più simile alla teoria di Darwin è però quella del naturalista
e biologo gallese Alfred Russel Wallace, espressa in un saggio del 1858, dove è presente anche
un contributo dello stesso Charles Darwin.
Darwin considera l’evoluzione
dell’uomo soggetta allo stesso processo che studia negli animali,
considerandolo una specie animale come le altre e rifiutando l’idea della
creazione da parte di Dio di un essere umano perfetto. Non tratta il tema
ne L’origine della specie, ma dedica alla riflessione il
volume L’origine dell’uomo del 1871: le
vendite volano e il testo, pur con delle difficoltà, viene tradotto in diverse
lingue. Inizialmente sono moltissime le critiche, ma in meno di vent’anni la teoria
evoluzionistica si diffonde fino a prendere il sopravvento come paradigma di
interpretazione delle origini della vita animale. Tra i suoi primi sostenitori
si annoverano il botanico ed esploratore britannico Joseph Dalton Hooker e il
botanico statunitense Asa Gray; contribuisce ad accrescere l’interesse sul
lavoro di Darwin una recensione positiva sul Times dell’amico
biologo e filosofo britannico Thomas Henry Huxley, che ne scrive anche sul Westminster
Review coniando il termine “darwinismo” in riferimento alla
liberazione della scienza dal giogo dei dogmi.
È così grande l’influenza delle
teorie di Darwin che ancora oggi si tende spesso a male interpretare o a
esagerare l’effetto della sua opera sul pubblico e sul dibattito nei più
diversi ambiti. Questo è particolarmente evidente in ambito religioso, dove
ancora oggi non è stata espressa una posizione unanime riguardo all’evoluzione. Sorprendentemente,
però, le reazioni più dure alla opere di Darwin non arrivano dalla Chiesa, ma
dai colleghi scienziati e c’è anche chi, come il sacerdote Charles Kingsley, interpreta da subito
la selezione della specie come parte del grande disegno divino, seguendo quello
che è il pensiero di fondo dell’autore. Darwin, infatti, è religioso, ha una
moglie molto devota e diversi amici ecclesiastici, è politicamente conservatore
e non vuole confutare l’idea di Dio come Creatore, ma armonizzarla alla sua visione scientifica. Certo, tra i
religiosi contemporanei c’è chi resta scosso dalla lettura de L’origine
della specie, chi aborre la presunta parentela tra uomo e scimmia e chi
teme le conseguenze morali del suo materialismo, ma nel complesso dal mondo
ecclesiastico non arriva l’ondata di indignazione che è stata descritta
erroneamente a posteriori.
È diverso il caso negli ambiti
economico, politico e sociale, dove diversi contemporanei di Darwin, folgorati
dalle sue teorie, le applicano anche a sproposito, spesso per legittimare
scientificamente le proprie idee. Questo avviene ad esempio in economia per sostenere l’inutilità di regolamentare il
mercato, mentre negli studi sociali e politici si applica l’idea di evoluzione
alla competizione tra le nazioni e le “razze” umane, come fa in Physics and Politics (1872) il giornalista
Walter Bagehot, aprendo il campo a una serie di strumentalizzazioni del testo:
da quel momento inizia a diffondersi la teoria della presunta superiorità della
razza caucasica, apparentemente legittimata dalla scienza. Darwin stesso si
esprime contro la strumentalizzazione delle proprie teorie per legittimare le
guerre, perché dal suo punto di vista l’agire morale è frutto dell’evoluzione.
Il collega Alfred Russel Wallace, invece, pensa che, nell’attesa che
l’evoluzione naturale conduca a una maggiore eguaglianza tra gli individui,
bisogna cercare di correggere “artificialmente” le ingiustizie sociali. Il
malinteso “darwinismo sociale” – un’interpretazione errata e
faziosa della teoria evoluzionistica che vede alcuni popoli come superiori
perché più evoluti – è stato smentito dalla scienza, mentre è stata
correttamente applicata in campo medico per spiegare fenomeni come le malattie
autoimmuni, l’obesità o le allergie.
Ovviamente Darwin esercita il suo
maggiore influsso in campo scientifico, dove viene riconosciuto come padre
fondatore della biologia evolutiva. I suoi due maggiori contributi sono l’idea che le specie non
siano uguali e immutabili nel tempo e che l’evoluzione proceda per
ramificazioni, da ricondurre tutte a una stessa origine. Questa intuizione è
rivoluzionaria perché opposta all’idea di tutti gli altri studiosi sostenitori
dell’evoluzione, che la considerano un processo lineare. Darwin si inserisce
anche nel dibattito filosofico, risolvendo l’eterno dilemma tra caso e
necessità: per lui i cambiamenti sono il risultato di entrambi i fattori, dato
che compaiono per la prima volta casualmente e si trasmettono poi geneticamente
perché utili. Oggi – in tempi in cui i concetti darwiniani sono diventati così
paradigmatici che parliamo di evoluzione riferendoci a qualsiasi cosa
cambi nel tempo, passando da uno stadio primitivo a uno più complesso – non
bisogna dare per scontate le intuizioni rivoluzionarie del biologo britannico.
Negli Stati Uniti, ad esempio, periodicamente si torna a discutere sull’insegnamento della teoria
dell’evoluzione nelle scuole, mentre alcuni sondaggi sostengono che il 46% dei suoi cittadini crede nelle
teorie creazionistiche.
L’aspetto de L’origine della
specie che suscita maggiori critiche già tra i contemporanei di Darwin
è l’idea che tutte le specie, e quindi anche l’uomo, abbiano un antenato
comune; eppure lui stesso sottolinea che solo l’umanità ha sviluppato un
genuino sistema etico, un linguaggio complesso con grammatica e sintassi, e
delle culture ricche e raffinate che gli hanno permesso di dominare il mondo.
Oltre a tutti gli studi e ai progressi ispirati dalla sua opera, il messaggio
di Darwin è forse proprio questo: ricordiamoci che siamo animali come gli
altri, ma siamo in grado di migliorarci costantemente grazie alla cultura che
abbiamo sviluppato grazie all’evoluzione. (Silvia Granziero)
https://thevision.com/cultura/origine-specie-darwin/
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