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domenica 4 dicembre 2016

Lo Sapevate Che: Tempi duri per le api saranno i robot a riempire le arnie...



Se lo spopolamento degli alveari, in corso da qualche anno, dovesse proseguire toccherebbe a un’ape robot salvare la produzione agricola mondiale. Gli apicoltori europei e nordamericani ogni inverno perdono fino al 30 per ceno delle loro api: tra le cause l’acaro parassita Varroa destructor, che indebolisce le api e trasmette virus, e l’uso di pesticidi derivati dalla nicotina, che rendono sterili i fuchi. Come estremo rimedio, un gruppo di scienziati dell’Università di Harward sta perfezionando api cibernetiche che un giorno potranno impollinare le piante. Il progetto si chiama Robo Bee: un robot alto la metà di una graffetta, dal peso di 84 milligrammi e fibra di carbonio che battono 120 volte al secondo. I suoi muscoli sono sottili strisce di ceramica, che si espandono e contraggono in risposta a impulsi  elettrici. Il suo scopo principale sarà quello di portare il polline di fiore in fiore, ma serviranno altri dieci anni perché lo possa fare. Uno degli ostacoli odierni è trovare una fonte di energia sufficientemente piccola e leggera da consentire una buona autonomia di volo: l’ape robotica è ancora alimentata e manovrata tramite filo elettrico. “Perché possa controllare i suoi spostamenti, dobbiamo dare al RoboBee la capacità di percepire il mondo intorno a sé: oggi deve ancora collegarsi a videocamere e computer esterni” spiega Robert Wood, docente di ingegneria a Harvard e direttore del progetto. La sfida è aggiungere sensori, e quindi batterie per alimentarli, su un oggetto che deve rimanere leggero per poter volare: “Un passo avanti, per ora, è la capacità di aderire a rami, foglie o pareti non tramite uncini ma sfruttando l’elettrostaticità, la stessa forza che fa restare attaccato a un muro un palloncino che sfreghiamo sui capelli. Così l’ape, prima di agire, potrà osservare il suo ambiente consumando fino a mille volte meno energia che in volo”. Altra sfida ostica sarà rendere i RoboBee capaci di comunicare tra loro per poi eseguire azioni sincronizzate, una capacità necessaria per un altro possibile impiego rintracciare rapidamente, superando ogni ostacolo grazie alle loro dimensioni miniaturizzate, i dispersi di un disastro naturale. I robottini alati dovrebbero poi servire a monitorare l’ambiente rilevando la presenza di inquinanti nell’aria, e anche  per meno nobili scopi di spionaggio militare. La ragione di questa flessibilità? Quello di “sostituti impollinatori” dovrebbe  essere solo un ruolo temporaneo, fino a quando non avremo soluzioni efficaci per salvare le api vere. E tra gli ultimi progetti per il salvataggio ce n’è uno dei ricercatori del laboratorio Mediated Matter del Mit di Boston: un apiario artificiale, ermeticamente chiuso e protetto, illuminato da speciali luci che simulano un’eterna primavera, di cui hanno realizzato un prototipo. Un ambiente dalla temperatura controllata, al riparo da veleni e pesticidi, dove si potranno tener, e far riprodurre , grandi riserve di api da re immettere a ondate nei campi.
Giuliano Aluffi – Scienze – Il Venerdì di Repubblica – 2 Dicembre – 2016 -

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