Sono uno studente di
filosofia di Pisa e mi sono imbattuto per caso nella lista dei 250
intellettuali che appoggiano la “riforma” della Costituzione di Renzi. Mi ha
molto sorpreso constatare che lei ha sottoscritto l’appello dando una mano, di
fatto, al progetto del partito della nazione che nella vittoria referendaria
(se vi sarà) poggerà le vasi del suo sviluppo. Lei è favorevole al partito
diretto da Renzi, Alfano, Verdini? Cosa l’ha spinta addirittura a firmare
l’appello? So che non si fanno domande politiche dirette, ma sono dispiaciuto
che anche il suo nome possa essere annoverato nella lista dei fiancheggiatori
di uno dei governi peggiori della Repubblica, che massacra i lavoratori e
omaggia Marchionne.
Marco Riformetti marco.riformetti@gmail.com
Chi le fa fare quel cortocircuito per
cui dire sì al referendum significa appoggiare il partito della nazione? Glielo
fanno fare gli slogan politici e le semplificazioni giornalistiche da cui uno
studente di filosofia dell’Università di Pisa dovrebbe guardarsi. Ricostruiamo la situazione: 1. Il Pd a guida Bersani non ha vinto le elezioni perché
al Senato non ha ottenuto la maggioranza che gli avrebbe consentito di
governare. Ha cercato un’intesa col Movimento 5 stelle, ma ha ricevuto un secco
no, e neppure in maniera elegante e con il rispetto che si deve a un politico
che ha sempre dimostrato capacità e onestà. A questo punto non restava che il
governo delle larghe intese con il centrodestra di Berlusconi, Alfano e
Verdini. In occasione dell’elezione del Presidente della Repubblica Mattarella,
Berlusconi si sfilò e ad appoggiare il governo restarono Alfano e Verdini.
Senza il loro appoggio e voto in Senato non si sarebbe potuto governare e
prendere alcuna decisione in un periodo di crisi economica dove le decisioni
sono urgenti. Il partito della nazione non è mai esistito e mai esisterà perché
è un non senso. Lei da filosofo sa che la parte (il partito) non è in nessun
modo in grado di abbracciare il tutto (la nazione). 2. Sono 30 anni che si invoca la
riforma della seconda parte della Costituzione per evitare che le leggi
rimbalzino da Camera a Senato e viceversa, ritardandone la promulgazione,
annacquandole in questo andirivieni e rendendole pieghevoli ai desiderata di
interessi particolari che non coincidono con quelli generali. Con questa
riforma, che non è perfetta (avrei preferito l’abolizione secca del Senato),
almeno c’è una riduzione di parlamentari e una sola Camera che decide. C’è poi
la legge elettorale che dà il premio di maggioranza al partito ( e non alla
coalizione) che vince. E anche questo lo trovo positivo perché: a) escono leggi
che non sono frutto d’interminabili mediazioni tra partiti coalizzati che rappresentano
interessi diversi; b). il partito che governa si prende le sue responsabilità
senza scaricarle sigli alleati coalizzati, e ha un tempo congruo (cinque anni)
per governare, ponendo fine a quella girandola di governi breve durata che
hanno caratterizzato la politica dal dopoguerra oggi, con conseguente
inefficacia e scarsissima credibilità all’estero, dove i nostri interlocutori
devono incontrare ogni anno un premier. Lascio immaginare l’effetto, la nostra
credibilità e soprattutto la nostra possibilità di aver parola in Europa.3. Un mondo
regolato da un mercato globale colloca imprenditori e dipendenti non più l’uno
contro l’altro, ma entrambi dalla stessa parte, e come controparte le leggi del
mercato. Leggi crudeli (siamo comunque stati noi occidentali a ergere il
mercato e il denaro che lo esprime a unico generatore simbolico di tutti i
valori), che nessun individuo, nessuna società, nessuno Stato può pensare da
solo di cambiare. E allora se non vogliono solo sognare, a questa
globalizzazione del mercato dovremo adeguarci, soprattutto oggi in cui si
assiste al passaggio del potere decisionale dalla politica all’economia. 4. Se questo è
il contesto, la politic, anche se il suo margine di decisionalità è stato
ridotto, deve essere rapida nel decidere, senza paralizzarsi in un eccesso di
mediazioni, com’è avvenuto con la riforma del lavoro bloccata sull’Articolo 18,
che non riguardava così tante persone e
non riguardava i giovani che in 450mila, grazie a questa riforma, hanno potuto
abbandonare il precariato, così come100mila professori, nonostante si siano
sentiti “deportati” dalla riforma che li ha messi in ruolo. Non parliamo delle
unioni civili approvate senza mediazione con gli organi ecclesiastici,
l’abolizione dell’Imu sulla prima casa, la riduzione dell’Irap agli
imprenditori. Questi sono fatti. E chi vota no al referendum perché ha le sue
buone e argomentate ragioni, fa benissimo. Ma chi vota no per fare un dispetto
a Renzi non è un buon cittadino, ma un bambino che non sa ragionare se non in
termini di amore e odio.
umbertogalimberti@repubblica.it
– Donna di Repubblica – 26 Novembre 2016 -
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