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martedì 15 dicembre 2015

Lo Sapevate Che: Nè veleni nè Ogm per cacciare gli insetti...



Segenet Kelemu, la prima donna a dirigere il Centro internazionale per la fisiologia e l’ecologia degli insetti del Kenya, è cresciuta in una famiglia contadina e conosce il problema da vicino: in Africa colture come il mais o il sorgo sono fondamentali per vivere, ma vengono minacciate su molti fronti. Specia dagli insetti trivellatori, dalle erbe infestanti, dall’inaridimento del terreno. Per questo il suo centro, con una ricerca guidata dallo scienziato Zeyaur Khan, ha realizzato una tecnologia (tutta africana) che affronta queste minacce in modo economico e sostenibile per l’ambiente. L’hanno chiamata “push-pull”, cioè “spingi-tira”, perché protegge le colture con una doppia azione. “Ai cereali si inframmezzano file di piante che emettono naturalmente sostanze repellenti per gli insetti dannosi (push).  A bordo campo si piantano invece erbe che li attirano, ma non permettono loro di svilupparsi e riprodursi (pull)”, spiega Kelemu. Ideata in Kenya nel 1997, questa tecnica oggi è adottata da oltre 110 mila coltivatori di cereali di tutta l’Africa orientale e si pensa di introdurla in Sud America. Ma non è stato un successo facile: c’è voluta una ricerca scientifica lunga e rigorosa per trovare le piante adatte. Per quattro anni Khan ha vagliato 600 vegetali in cerca della perfetta pianta “pull” per attirare gli insetti nocivi. Una volta trovata, i danni da trivellatori sono crollati con punte dell’80 per cento. Lo stesso approccio ha ispirato i passi successivi. Quando un’area del Kenya è stata devastata da un’erba infestante, la Striga, è stata introdotta la pianta “push”, il desmodio: una leguminosa che non solo allontana gli insetti ma uccide la Striga, protegge e fertilizza il terreno, ed è anch’essa un ottimo foraggio. Ora che inizia a sentirsi il cambiamento climatico, è stata sviluppata una nuova versione del “push-pull” con due specie resistenti all’aridità. Una valutazione indipendente ha sancito la validità della tecnologia nel migliorare la sicurezza alimentare e la qualità di vita di gran parte degli utenti. In primis, rimarca Kelemu, le donne: il cui contributo nei campi e nei laboratori è decisivo per i progressi dell’Africa. “Il “push-pull” è una tecnologia soprattutto per le contadine. Secondo i dati Fao sono quasi sempre loro a chinarsi a strappare le erbacce, o a fare chilometri per raccogliere il foraggio. Ora non devono più farlo. Anche questo, dunque, è empowerment femminile”. Queste tecniche sono un’alternativa naturale alle colture geneticamente modificate, ma per Kelemu la contrapposizione non ha senso: “Gli Ogm in certi casi sono preziosi. Quando per esempio la papaya era devastata da un virus, l’ha salvata una modificazione genetica che l’ha resa resistente. Ma ogni tecnologia dev’essere parte di un piano complessivo. L’importante è non lasciare che gli Ogm li facciano solo le aziende private: devono lavorarci anche i centri di ricerca pubblici (e molti lo fanno, anche in Africa), per sviluppare soluzioni tarate non sul profitto ma sui bisogni degli utenti e dell’ambiente. Proprio come il “push-pull”.
Giovanni Sabato – Agricoltura – L’Espresso – 10 Dicembre 2015 -

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