Quando Un Paio di anni fa due rampanti a cinque
stelle avevano provato a dire che sì, si poteva cominciare a discutere se
togliere o no il nome del leader dal simbolo del movimento, lui, Beppe Grillo,
li aveva espulsi senza tanti complimenti. Lesa maestà. Però già un anno prima
lui stesso s’era preoccupato di depositare un marchio senza il nome del capo
indiscusso. Sempre proprietario del brand, ma nell’ombra: paura di perdere la
sua creatura o preveggenza? Dopo di allora aveva spesso ripetuto di essere “un
po’ stanchino”, come Forrest Gump, ma non era successo niente. Stavolta invece
all’ennesimo annuncio è seguito il passo indietro. Clamoroso. Perché si è
deciso? lui che urlava nelle piazze, tallonava i suoi ragazzi fin dentro gli
uffici del Parlamento, lui che inchiodava Bersani al suicidio politico in streaming,
o metteva la giacca per le consultazioni al Quirinale? Già, perché? Impazzano
le spiegazioni maligne. I sondaggi, eccone una, dicono per esempio che ormai
non brilla più la sola stella del leader, conquistano consensi i boys di Camera
e Senato, il rassicurante Luigi Di Maio, lo scalpitante Alessandro Di Battista,
l’aggressivo Roberto Fico. io farsi da parte prima di un umiliante sorpasso. (
..). Poi Però Ci Sono quelli che questa storia la prendono sul serio. Dopo la
battuta d’arresto del 2013, nemmeno lo straripante Renzi è riuscito a evitarlo,
e proprio in coincidenza con la lenta retromarcia di Grillo. Per di più si è
dato nel tempo un assetto organizzato: iscritti e gruppi dirigenti sono
selezionati da gruppi ad hoc; i suoi rappresentanti siedono in Parlamento,
nelle amministrazioni, nelle istituzioni, e dismettono quell’aria da alieni
che, costituiva la loro forza e il loro limite; ha pure eletto un direttorio,
che ricorda le segreterie dei partiti della prima repubblica, e insomma si sta
rendendo conto di poter vivere e crescere pur smettendo di essere un tutt’uno
con il suo leader. (..). Presentandosi diverso e fuori dai giochi, il Movimento
– lo spiegano bene le ultime “Mappe” di Ilvo Diamanti su “Repubblica” – pesca
consensi di qua e di là, è tutto e il contrario di tutto (tanto da ricordare la
vecchia, trasversalissima Dc), può chiedere la chiusura delle frontiere e
battersi per il reddito di cittadinanza, senza che nessuno si scandalizzi;
convincere partite Iva e ragazzi della generazione Erasmus, piccoli
imprenditori e tassisti arrabbiati; soprattutto è nato e cresciuto nell’onda
dell’antipolitica dura e pura che teme come la peste di misurarsi con problemi
che impongono di stare di qua o di là. E Dunque Ancora Più
Ardita appare la
sfida di Grillo: meditata, voluta o imposta dai ragazzi del Parlamento?
Difficile da dire, e forse nemmeno così determinante. Determinante è la novità
che cancella, chissà se per sempre, il movimento del capo; e determinante sarà
la scelta che verrà dopo: se restare da soli e continuare a gridare no a tutto,
o provare a governare, magari in alleanza con altri. Senza più paura di
sporcarsi le mani.
Bruno Manfellotto – Questa settimana www.lespresso.it - @bmanfellotto – 10
Dicembre 2015
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