L’Aspro Confronto tra Roma e Bruxelles sui salvataggi
bancari ha portato ormai allo scoperto un doppio nodo politico di fondo: quello
del nostro modo di essere e di agire in Europa e quello, speculare, del
trattamento che ci viene riservato dalle istituzioni comunitarie. Piaccia o no,
ma lo spettacolo a cui si assiste ormai da troppo tempo è quello di un’Italia
subordinata a una conduzione politica ed economica dell’Unione imposta dalla
Germania e incapace di ribellarsi alle ottusità e alle doppiezze di quel
darwinismo contabile tedesco che oggi rappresenta la minaccia più seria alla
sopravvivenza stessa dell’unione monetaria. (..). Questa Sudditanza ai capricci della tecnocrazia
comunitaria diventa ancora più incomprensibile alla luce dell’accattivante
giustificazione dietro la quale Bruxelles ripara le sue rigidità verso
l’Italia. L’idea sarebbe quella che così operando le istituzioni comunitarie
altro non fanno se non difendere i contribuenti italiani dalla disinvoltura con
la quale il governo di Roma vorrebbe mettere le mani nelle loro tasche. E qui
dalla prevaricazione si passa all’inganno conclamato. Ai tanti smemorati
d’Italia e d’Europa occorre ricordare che proprio Bruxelles ha chiesto a Roma
un contributo di circa 60 miliardi per il salvataggio delle crisi bancarie in
Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna. Denaro che, in realtà, è finito in
maggior misura nelle casse di banche tedesche sconsideratamente esposte in quei
paesi con investimenti assai rischiosi. Non risulta che in quel frangente si
sia sentita a Bruxelles una sola voce alzarsi contro il salasso imposto allora
ai contribuenti italiani. Dietro questi atteggiamenti discriminatori verso
l’Italia non è difficile scorgere il volto e l’opera di Wolfgang Schauble, il
ministro tedesco alfiere del rigore fiscale altrui, che non perde occasione per
dichiarare il suo timore che il contribuente tedesco possa essere chiamato a
pagare per i paesi con alto debito pubblico, Italia per prima.(..). Sarà, Insomma,
che l’Italia si presenta in Europa con sulle spalle l’aggettivo handicap del
suo debito pubblico. Ma in un’Unione nella quale Bruxelles è inerte o silente
dinanzi alle fughe da ogni solidarietà in tema di migranti nei paesi dell’Est
ovvero alle arroganti nei pretese di statuto speciale della Gran Bagna, sembra
giunto il momento che l’Italia si tolga di dosso ogni complesso di inferiorità.
Basta, quindi, subire una strategia economica che deprime la crescita
anteponendo la parità dei saldi contabili alle esigenze di investimento. Basta
fingere di credere che il fantomatico piano Junker sia in grado di promuovere
chissà quali obiettivi di sviluppo. Basta accettare che la Germania accumuli
enormi surplus di bilancia dei pagamenti a scapito degli altri soci. Coraggio,
presidente Renzi, è il caso di alzare non la voce ma la testa.
Massimo Riva – Avviso ai naviganti www.lespresso.it - L’Espresso – 23 Dicembre 2015
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