“Dignità? Come ti è venuto in mente?
Non ne sentivo parlare dagli anni Cinquanta”. Così una decina d’anni fa l’amico
Vincenzo Cerami commentò un Contromano
sul tema, scherzando. Pochi scrittori hanno saputo raccontare la poesia e la
grandezza della lotta per la dignità come Cerami, in Fantasmi o nella sceneggiatura di La vita è bella, e la tragedia della sua perdita, nel Borghese piccolo piccolo. Non si può
dire che in questi dieci anni la dignità sia diventata di moda, per quanto
negli ultimi tempi compaia di continuo nei discorsi di papa Francesco, l’unico
che ormai dica qualcosa di sinistra. Oggi come allora rimango convinto che la
dignità valga almeno quanto le altre parole che hanno fondato le nostre
società, libertà per esempio, e sia senz’altro molto meno logorata e stravolta.
E’ stata la ricerca di dignità, ovvero il rispetto per la persona, ad aver
ispirato la rivoluzione francese, e poi le grandi lotte sociali, politiche, culturali
dell’Ottocento e del Novecento, dal movimento operaio al femminismo,
dall’antifascismo alla lotta contro l’Apartheid. Così come in Italia le
battaglie referendarie dei radicali sul divorzio e l’aborto. Ora, tutto quello
che è accaduto negli ultimi vent’anni nelle nostre società si potrebbe
riassumere, per semplificare in una sola formula, come un generale abbassamento
del livello di dignità in tutti i settori. Abbiamo perso dignità, oltre che
potere d’acquisto, come lavoratori: operai o impiegati, insegnanti o
giornalisti, vale per tutti. Come cittadini, perché con le elezioni ormai
possiamo cambiare davvero poco e le scelte decisive sono comunque fatte da
organismi non eletti, come la Bce o la Commissione europea o i centri della
finanza internazionale, per cui la democrazia diventa uno show
d’intrattenimento per spettatori sudditi. Come genitori, perché possiamo
soltanto offrire ai nostri figli un futuro con meno diritti. La perdita di
dignità è inflitta dall’alto al basso , ma viaggia anche nel senso inverso e
orami i cittadini non hanno alcuna considerazione delle istituzioni e delle
élite. L’oscenità con la quale le classi dirigenti esibiscono egoismo e
corruzione certo non aiuta a recuperare fiducia. Ma soprattutto si sparge un
veleno violento nella società, perché la perdita di rispetto per se stessi
comporta sempre anche la mancanza di rispetto per l’atro e anche in questo modo
si spiega il risorgere del razzismo, la xenofobia, la folle corsa e nuove
catastrofiche guerre.
Curzio Maltese – Contromano – 24 Dicembre 2015 -
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