Tornano Di Attualità problemi di cui mi ero occupato, e
proprio in questa Bustina, una decina di anni fa. Ma, se riprendo cose già
dette, la colpa non è mia, è della difficoltà che abbiamo, in modo ricorrente,
a dare risposte sensate a questioni che ci affannano. La prima storia è quella
del preside che non vuole fare il presepe nella sua scuola per rispettare la
sensibilità di studenti di altre religioni. Faccio per intanto una premessa:
mio pasre, che non era credente, passava notti e notti a preparare un presepe
fantastico, perché si sentiva legato a una tradizione. E’ bene negare ai
ragazzi cristiani la partecipazione a questa tradizione? Ci sono scuole
multietniche? Bene non rimane che una bellissima soluzione: in un locale apposito
a Natale si fa il presepe, e vanno a vederlo i ragazzi che vogliono – e forse
anche un ragazzo musulmano potrebbe essere affascinato dalla nascita di quel
Gesù di cui il Corano parla con molto rispetto. Poi, venuto il giorno giusto,
in una festività musulmana, nello stesso locale si potrebbe mettere in scena
una vicenda della vita di Maometto. E quando si celebra lo Yom Kippur, o altra
festa ebraica, ecco una qualche ricostruzione ispirata a quella ricorrenza, con
qualcuno che spiega che cosa significa. E infine ci saranno anche molti ragazzi
cinesi e ci sarà da discutere con le famiglie cosa celebrare, dato che si
tratta di un paese che non ha un’unica religione monoteistica. I ragazzi
potranno visitare questi ambienti oppure evitarli, ma se visiteranno
impareranno qualcosa sulla pluralità delle credenze religiose e sulla varietà
delle culture. Con grande vantaggio per la loro educazione, visto che la scuola
non insegna storia delle religioni. Il Secondo Problema l’ho sentito ventilare in una
trasmissione televisiva e mi compiacevo del “déjà vu”, perché una domanda del
genere viene fuori a ogni occasione: perché di fronte al problema del
terrorismo gli intellettuali tacciono? (..) l’inquietudine che si nasconde
sotto questa domanda non è “perché gli intellettuali non parlano?” bensì
“perché non ci danno quelle risposte che i politici sono incapaci di dare”.
(..) Ho scritto varie volte che un intellettuale può prevedere il futuro, e si
pensi per esempio quale funzione profetica ha rivestito il “1984” di Orwell.
Oppure, a cose avvenute, può riflettere su quanto è accaduto farci capire
perché è accaduto e se era saggio che accadesse. Ma nel momento presente
l’opinione dell’intellettuale vale tanto quella di qualsiasi altro individuo.
Può dare voce alla costernazione, al dolore, alla indignazione, ma anche se
suggerisse, per esempio, che non si devono bombardare le città siriane ma solo
i pozzi di petrolio, la sua voce varrebbe tanto come quella di tanti politici
che dicono la stessa cosa. Ho ancora scritto tanto tempo fa che se un poeta si
trova in un teatro che va a fuoco, non deve montare su una poltrona e declamare
una poesia, ma deve telefonare ai pompieri, o dare una mano a chi cerca di fuggire. Questo pretendere
dall’intellettuale la Risposta è un modo per non ammettere che gli altri, i
capi di Stato e i politici in genere, o i militari, la risposta definitiva non
ce l’anno. Ci si appella così a una fantomatica figura di intellettuale come ci
si appellerebbe a padre Pio.
Umberto Eco – La bustina di Minerva www.lespresso.it – L’Espresso – 17 Dicembre
2015
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