“L’applauso è la risposta al video
dell’imam di Brest che condanna la musica”, dice dal palco della Leopolda il dj
di turno (non è una battuta, quest’anno ad animare l’evento è stato chiamato un
dj di Radio Viola). L’applauso imbarazzato, più liberatorio che entusiasta,
arriva alla fine di un momento di situazionismo che i tempi moderni amano
etichettare come “flash mob”. Dicesi “flash mob” un’azione che dovrebbe cogliere
di sorpresa”, se possibile in maniera politicamente scorretta, suscitando negli
occasionali compresenti reazioni da candid camera o giù di lì, magari coinvolgendoli
nell’azione stessa. Per fare un “flsh mob” e avere il coraggio di definirlo
tale, bisogna essere giovani o comunque sentircisi molto. Servono sfrontatezza,
voglia di stupire e farsi notare oltre a una notevole considerazione di sé,
basilare per cimentarsi nell’impresa. Di questi requisiti, la Leopolda abbonda
da sempre (fin dalla prima edizione, quella con Civati). E più passano le
edizioni, più ne abbonda. Non potrebbe essere altrimenti del resto, se è vero
che i più ambiziosi e spregiudicati tra coloro che qui sono nati e cresciuti
politicamente, in sei anni hanno raggiunto tutti i vertici possibili del Paese.
C’è il Premier che è anche segretario del Partito. c’è il sindaco e ci sono i
ministri, e poi ci sono altri sindaci, consiglieri, direttori, manager,
imprenditori, artisti, intellettuali contenti e felici, smart people in viaggio sulla terra degli uomini meno smart. “L’uomo scopre se stesso
misurandosi con l’ostacolo” è scritto (citando Saint Exupéry) sui muri della
Leopolda, ma quando ti senti razza padrona senza argini misurarsi diventa
inutile, percepire il limite si fa
difficile. Succede così che ci si senta in dovere e in potere di trovare una
risposta anche ad una cosa folle e irrilevante detta da un imam francese nel
2014. E che la risposta sia il Karaoke estemporaneo di Azzurro, con coristi
professionisti in versione villaggio vacanze a rappresentare l’Occidente. Ho
immaginato l’imam di Brest, un ex rapper (così recitano le sue biografie)
frustrato dal proprio mancato successo al punto da proibire l’ascolto dei
successi altrui, incredulo e gratificato davanti a tanta scomposta tardiva
considerazione. Ho visto e immaginato tutto da casa, davanti alla tv che tutto
moltiplica e rappresenta, nel bene e nel male. Dove ci si sente sempre più
soli, davanti a un treno dei desideri che nei pensieri all’incontrario va.
Diego Bianchi – Il Sogno di Zoro – Il Venerdì di Repubblica –
24 Dicembre 2015
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