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venerdì 11 maggio 2012

Parlandone da vivo


Se lo spirito di Carlo Fruttero - che immagino segaligno e puntuto come il vestito corporeo che lo ospitava fosse passato ieri sopra il Salone del Libro di Torino all’ora dell’aperitivo, avrebbe visto una coda interminabile di persone davanti a una sala gialla. Curioso com’è, si sarebbe abbassato un po’, svolazzando lieve fra le signore boccheggianti che usavano i suoi libri per sventolarsi. La vista delle figlie e di alcuni amici lo avrebbe intenerito e, al tempo stesso, insospettito. Quella riunione sediziosa aveva l’aria di una commemorazione del Compianto Defunto. Ora, se c’è una cosa che lo spirito di Carlo Fruttero non sopporta sono le commemorazioni dei Compianti Defunti. Nondimeno si sarebbe infilato in sala per dare un’occhiata.

A dirla tutta, ho la netta sensazione che l’abbia fatto. Perché a un certo punto ho visto oscillare una giacca abbandonata su una sedia vuota e mi è parso di sentire la sua inconfondibile ghignata. Una specie di risata col sibilo che ha coperto tutte le altre. Già: in quella sala dove si parlava di un morto, ridevano tutti. Anch’io. E intanto pensavo che la parola scritta non morirà finché mille persone si riuniranno per ascoltare quelle di un vecchio signore che non usciva di casa da anni. La parola scritta, quando è scritta bene, non è emozione che scuote e poi evapora. È sentimento che si deposita e lascia tracce indelebili. Ho anche pensato, mentre ridevo, che i morti andrebbero ricordati sempre e soltanto così. Come se fossero vivi. Anche perché lo sono. Mica penserete che quella ghignata l’abbia sentita solo io?
Massimo Gramellini 11-05-12

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