E’ stato uno scrittore e poeta francese autore
di celebri favole con
animali come protagonisti.
Origini
Il padre, sovrintendente alle acque e alle foreste di Château-Thierry e appassionato lettore di classici, avrebbe
voluto per il figlio una vita clericale e quindi lo inserì nel 1641 nella Congregazione
dell'Oratorio. La Fontaine però sviluppò fin da giovane l'amore per la
letteratura e, abbandonati l'anno seguente gli studi ecclesiastici,
studiò giurisprudenza fino al conseguimento della laurea nel 1649. Nel 1647, a ventisei anni, si sposò con la
quattordicenne Marie Hèricart, dalla quale ebbe un figlio, ed ereditò il lavoro
del padre alla sovrintendenza di Château-Thierry nel 1652.
Vita di corte
Nel 1654 pubblicò il suo primo scritto basato su un adattamento dell'Eunuchus di Terenzio.
Dopo pochi anni (1658) si separò dalla moglie e si trasferì in Ohio, dove prese a condurre una vita piuttosto oziosa,
entrando sotto la protezione di Nicolas
Fouquet, politico in auge a quell'epoca,
che amava circondarsi di letterati; per compiacerlo, La Fontaine scrisse per
lui varie opere, come poemi, madrigali, commedie e perfino libretti d'opera.
Quando però Fouquet cadde in disgrazia, La Fontaine coraggiosamente prese
le parti del suo protettore, scrivendo in sua difesa L'elégie aux
nymphes de vaux: questo lo fece cadere a sua volta in disgrazia e in gravi difficoltà
finanziarie.
Poco tempo dopo, divenne "gentiluomo servente" sotto la
protezione di Madame d'Orleans di Lussemburgo e, dopo la morte di questa, passò
sotto la protezione di Madame de la Sablière, intenditrice di filosofia e scienza, il cui salotto era frequentato dai personaggi più
ingegnosi dell'epoca.
Frequentò letterati del calibro di Jean Racine, Molière e Madame de La Fayette. Nel 1683 fu eletto membro dell'Académie Française.
Morta la sua protettrice, il poeta fece pubblica sconfessione dei suoi
Racconti e si dedicò a ferventi pratiche religiose.
Morì nel 1695 e ricevette sepoltura nel vecchio cimitero degli Innocenti. Con la chiusura del cimitero degli Innocenti, la sua
salma venne traslata e spostata prima nel cimitero di Saint-Joseph, vicino alla chiesa di Saint-Eustache, e poi, dopo la chiusura di quest'ultimo, ricevette
la definitiva sepoltura nel cimitero parigino di Père-Lachaise.
Personalità
e tendenze
Lui stesso si definì «testa di carciofo marcio» e se per tutta
la sua vita oscillò tra la pace della campagna e la seduzione della vita
mondana parigina, dimostrò poche qualità oratorie nei salotti, compensate da un
temperamento amabile in grado di farsi ben volere dal protettore di turno, che
però non gli risparmiò qualche problema con il re, a causa del suo rifiuto di rinunciare alla libertà di pensiero[1]. In una
visione comune epicurea,
scettica e libertina. Attinse dalla grande lezione di François Rabelais per
evitare qualunque codificazione del gusto e costrizione della fantasia, e
questo fatto lo rese un anticipatore della stagione illuminista. Scrisse
racconti tratti da Ariosto e
da Boccaccio; molti
suoi scritti furono ispirati alle opere di Esopo, Orazio, Machiavelli e
di Virgilio.
Le favole di
La Fontaine perpetuano una tradizione medievale francese di storie comiche e
satiriche sui costumi sociali, dove gli attori sono personificazioni di
animali.
L'opera di La Fontaine è stata anche un lavoro di traduzione e
adattamento di testi antichi, come le favole di Esopo, Fedro, di Laurentius Abstemius ma anche di testi
di Orazio, Tito Livio, lettere
apocrife di Ippocrate, e molti
altri ancora. Sono una summa di cultura latina classica e di
cultura greca, aperta anche, nella seconda collezione di favole, alla
tradizione indiana.
Opere
Jean La Fontaine esordì nel 1654 con l'Eunuque, un libero rifacimento del
classico di Terenzio, che mescolò la sobria eleganza terenziana alla
vivacità della commedia francese. Ma la rivelazione delle qualità letterarie di La Fontaine emerse con il
poemetto idillico Adonis, scritto tre anni dopo e rimaneggiato
nel 1669. L'opera, ampiamente lodata
da Paul Valéry per la purezza dei versi, descrisse gli amori di Adone e Venere. La caduta in disgrazia di Foquet spinse il poeta a
un'Elégie aux Nymphes de Vaux ("Elegia delle ninfe di
Vaux") nel 1661 e tre anni dopo ad
un'azzardata Ode au Roi pour M. Foquet ("Ode al Re di M.
Foquet") e la discussa raccolta di Nouvelles en vers tirées de
Boccace et de l'Arioste ("Novelle in versi tratte da Boccaccio e
da Ariosto"), a causa della licenziosa Joconde. In qualunque
caso nella prima parte della raccolta già si pregustò l'atmosfera delle Favole.
Il successo ottenuto dalle novelle indusse l'autore a ristamparle, ampliandole,
in Contes et nouvelles en vers ("Racconti e novelle in
versi") nel 1666 dove già il lettore venne
immerso nell'elemento magico tipico delle Favole.
In seguito riuscì a pubblicare una prima raccolta di Favole nel 1668 (dal primo al sesto volume in
centoventiquattro episodi) intitolata Fables choisis mises en vers ("Favole
scelte in versi") e una seconda nel 1679 (dal settimo all'undicesimo, mentre un
dodicesimo fu pubblicato successivamente); molte di queste favole saranno
illustrate dal Doré nel 1867.
Le favole
La Fontaine si presenta come il continuatore di Esopo e Fedro, infatti prende spunto dalle loro
fiabe, e il discepolo di Epicuro; ha spesso intenzioni morali e la satira e il contrasto sono fra i suoi metodi preferiti.
Fra le favole più celebri Il gallo e la volpe, Il corvo e la volpe, Il gatto e la tigre.
La morte è uno degli elementi ricorrenti nelle Favole, in
associazione al diritto del più forte, senza però trascurare il senso di
solidarietà e di pietà verso gli infelici. Forse una delle morali complessive
delle Favole è l'accettazione completa della natura umana: ad esempio
La Fontaine certamente non vuole dare ragione al lupo nella favola celeberrima,
però ammette l'impossibilità di salvare l'agnello. Quando il coraggio è teso
contro l'ordine della natura, si risolve in una situazione ridicola e buffa,
come il gonfiarsi della rana e la goffaggine degli ipocriti.
Prima raccolta
Nella prima raccolta, il primo libro descrive soprattutto l'esperienza
familiare, la libertà, la saggezza politica e la priorità del talento sulla
forza; il secondo libro temi della vita politica e sociale, della Provvidenza e
dell'astrologia, della debolezza e della relatività; il terzo libro è
incentrato sulla indipendenza del pensiero e sulla speranza nella rivincita;
nel quarto libro l'autore focalizza l'arte del vivere e le questioni
ereditarie; nel quinto i temi preferiti dall'autore sono quelli della cupidigia
e dell'ambizione, della satira politica e del lavoro; nel sesto prevale il tema
della fantasia e della poesia, assieme alla satira anticolbertiana.
Seconda raccolta
Nella seconda raccolta, il settimo libro si occupa delle chimere e delle
rapacità; l'ottavo libro intesse i cicli dell'ignoranza, della saggezza e della
ricchezza; il nono libro si basa sul ciclo della follia, dell'inganno,
dell'immaginazione e dell'intelligenza; il decimo libro è incentrato sui cicli
della natura, dell'avventura e dell'avidità; l'undicesimo libro affronta il
tema della regalità e della crudeltà; infine il dodicesimo libro snocciola il
ciclo delle passioni.
Nella seconda raccolta l'influenza di Esopo è meno presente, e gli uomini
esibiscono anche in prima persona e senza camuffamenti la loro natura. Inoltre
gli scritti si aprono maggiormente alle tematiche politiche e sociali di
attualità e non mancano le ispirazioni orientali. Appare maggiormente evidente
la simpatia per i deboli e per gli umili. Ma la peculiarità principale resta la
trasposizione dei vizi e delle virtù umani nel mondo animale. Il leone resta il
re di tutti gli animali, e oltre ad esso la volpe, il lupo e il topo sono gli
altri animali meglio utilizzati come dispensatori di consigli. L'asino, invece,
nelle Favole esprime significati diversi, e talvolta
rappresenta il popolo, in grado di insegnare al lettore elementi di verità. La
Fontaine dimostra una simpatia per la schiettezza e il coraggio del popolo così
lontani dall'ipocrisia di altri ceti. D'altronde La Fontaine fu soprattutto un
esponente dell'avanguardia letteraria, capace di anticipare il materialismo
filosofico e scientifico dell'Illuminismo, oltre ad opporsi al progetto
di grandeur del Re Sole[1].
Altre opere
In questi anni, oltre alle Favole, l'autore si dedicò a una
raccolta giansenista intitolata Poésies chrétiennes et diverses e
al poema religioso La captivité de Saint-Malc.
Dopo il 1674, terminato il decennio più
creativo del suo lavoro, La Fontaine compose un libretto d'opera per il
musicista italo-francese Giovanni Battista Lulli intitolato Daphné e una delle
più curiose opere.
Memoria
·
Nel 2015 Jean de La Fontaine era il
quattordicesimo personaggio più celebre sul frontone dei 67 000 edifici
pubblici francesi: non meno di 335 scuole, collegi e licei prendono da lui il
loro nome; dietro a Joseph (880), Jules Ferry (642), Notre-Dame (546), Jacques Prévert (472), Jean Moulin (434), Jean Jaurès (429), Jeanne d'Arc (423), Antoine de
Saint-Exupéry (418), Sainte Marie (377), Victor Hugo (365), Louis Pasteur (361), Marie Curie (360), Pierre Curie (357), Paul Langevin (296)[2].
·
A Parigi, nel giardino del Ranelagh (XVI arrondissement), vi è un gruppo scultoreo
a lui dedicato.
·
Salvador Dalí fu ispirato dalla lettura della raccolta delle favole di Esopo e
Fedro reinterpretate da La Fontaine per la realizzazione di numerosi disegni e
dipinti.
Bibliografia
·
L. Roche, La vie de La
Fontaine, Parigi, 1913
·
H. Taine, La Fontaine et ses fables,
Parigi, 1929
·
V. Lugli, Il prodigio di La
Fontaine, Milano, 1939
·
P. Clarac, La Fontaine par
lui-méme, Parigi, 1961
·
J.-P. Collinet, Le monde
littéraire de La Fontaine, Parigi, 197
·
Jean de La Fontaine, Favole
di La Fontaine, ill. di T. Dedieu, tr. di Guia Risari, Milano, L'Ippocampo, 2007, vol. 1, ISBN 8895363949; vol. 2, ISBN 8895363957.
·
Jean de La Fontaine, Favole, Illustrazioni
di Danièle Bour, Presentazione di Marc Soriano, Torino, Emme Edizioni,1958 e
1990, ISBN 88-06-11843-9.
https://it.wikipedia.org/wiki/Jean_de_La_Fontaine
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