Aldo Fabrizi rappresenta l'anima di Roma, la
cosiddetta Città Eterna, che l'ha sempre considerato il suo figlio prediletto.
Del popolo romano l'attore ha canzonato in oltre cinquant'anni di carriera vizi
e debolezze, con quel suo umorismo tanto cinico e disincantato, quanto
dissacrante e tagliente, così caratterizzante del suo fare flemmatico e arguto.
Sapeva scherzare su tutto, ma prima di tutto su se stesso, ed in particolar
modo sul suo fisico corpulento, palese dimostrazione della sua smisurata
passione per il cibo, e soprattutto per i piatti tipici della cucina romana,
che egli stesso si deliziava nel preparare. Era la voce del
"popolino", dal quale egli proveniva e che ha sempre portato nel
cuore. Attraverso i suoi tipici personaggi - con i quali ha conquistato le
platee dell'Italia intera a partire dai suoi esordi teatrali nei primi anni
Trenta, e che ha fortunatamente riproposto in televisione negli anni Settanta -
come il vetturino il cui cavallo lo batte in fatto di stanchezza, il tranviere
contro cui tutti i passeggeri si accaniscono, o il cameriere dai piedi stanchi,
Fabrizi esprimeva il suo spirito caustico, e conduceva una sferzante satira sulla
romanità, ma ancor più in generale sull'uomo qualunque del suo tempo. In cinema
debuttò nel 1942, ma si sarebbe dovuto aspettare il 1945 perché egli avesse
potuto dar prova di una profonda sensibilità artistica in un ruolo diverso dai
soliti, stavolta drammatico, quello di un prete eroico che si fa fucilare dai
tedeschi pur di non rivelare i nomi di alcuni partigiani, nel capolavoro di
Rossellini, Roma città aperta. Il film - che lo vede per la terza volta al fianco
dell'amica-nemica Anna Magnani, che in quanto a schiettezza e sfacciataggine
riusciva a tenergli testa - gli offrì l'opportunità di fornire una struggente e
sofferta interpretazione, densa di emotività, e carica di una coinvolgente
naturalezza, dimostrando così di essere un attore a tutto tondo. La sua
filmografia è sterminata: lo ricordiamo spesse volte al fianco dell'amico Totò,
soprattutto nel film caustico-amaro Guardie e ladri (1951) di Steno e Mario
Monicelli; e poi in una serie
di svariati, e talvolta grotteschi personaggi, come il contadino furbo e
bonario di Vivere in pace (1947) di Luigi Zampa,
il padre egoista e protervo di Prima comunione (1950) di Alessandro Blasetti, lo sfortunato e bizzarro capofamiglia nella serie de
"La famiglia Passaguai" (tre film dal 1951 al '52), di cui egli stesso
fu il regista, e il ricco e rozzo palazzinaro di C'eravamo tanto amati (1974) di Ettore Scola,
deluso e disincantato ritratto della pseudo-impegnata generazione di sinistra
del periodo post-secondo conflitto mondiale. Dopo tanti impegni come attore
cinematografico, il teatro lo rivide incontrastato mattatore nella celeberrima
commedia musicale di Garinei e Giovannini, Rugantino,
portata per la prima volta in scena nel 1962, ripetuta diverse volte negli anni
successivi, e portata addirittura a New York. Accanto ad interpreti del calibro
di Nino Manfredi e Bice Valori,
Fabrizi impersonò il tragicomico personaggio di Mastro Titta, un boia della
Roma papalina, che dietro il suo aspetto burbero e rude, si dimostrava
sensibile e bonario. Da ricordare infine le sua spassosissime apparizioni
televisive, e le sue deliziose raccolte di ricette e poesie, spiritosamente
intitolate La pastasciutta (1971), Nonna minestra (1974)
e Nonno pane (1980). La Roma paciosa e scanzonata che lo vide
nascere, se lo portò via, in una triste mattinata primaverile del 1990, quando
"er sor Aldo" aveva da qualche mese compiuto ottantaquattro anni.
https://www.mymovies.it/persone/aldo-fabrizi/1201/
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